Stop alla Tav veneta costruttori all’attacco «Decidano i giudici»
Pizzarotti e Icm (Maltauro) rompono il silenzio Il recesso dal contratto costerebbe 800 milioni
Pizzarotti e Icm (ex Maltauro), i privati che stanno costruendo la Tav ferma alle porte dei confini veneti, a due passi da Verona, rompono il silenzio e ammoniscono: «Se il governo imporrà uno stop fuori tempo massimo, si arriverà davanti a un giudice». E i danni potrebbero arrivare a 800 milioni.
Il miraggio dei cantieri resta tale, evanescente appena oltre i confini del lago di Garda. E se il governo dovesse si dovesse imporre lo stop alla Tav fuori tempo massimo, la faccenda finirà davanti a un giudice. Lo dicono i privati del general contractor Cepav Due. E il costo di una causa potrebbe essere salato: si potrebbe arrivare agli 800 milioni per una tratta che ne vale 1600. Come raccontato dal Corriere del Veneto nei giorni scorsi, il contratto firmato lo scorso 7 luglio fra il consorzio Cepav Due e Rfi, per ora non si è concretizzato in alcun cantiere. Certo, procedono «le attività propedeutiche». Vale a dire: procedure d’esproprio e ultimazione del progetto esecutivo. A microfoni spenti, i protagonisti del limbo ferroviario ammettono che la situazione è quanto meno inedita. Contratto firmato mentre imperversa da mesi il tormentone mediatico dell’analisi costibenefici che dovrebbe riguardare anche l’alta velocità veneta.
E il condizionale è letteralmente d’obbligo. Per la prima volta parlano Icm (ex Maltauro) e Pizzarotti che detengono rispettivamente poco più del 13 e 27% del consorzio guidato da Saipem (partecipata a sua volta da Cassa Depositi e Prestiti). Corrado Bianchi, amministratore delegato di Pizzarotti Italia, chiarisce subito che «non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione in merito a una revisione del progetto né, tanto meno, una comunicazione sull’avvio dell’analisi costi-benefici». Tweet e post del ministro Danilo Toninelli a parte, insomma, nulla sta bloccando i cantieri. «Stiamo avanzando con le attività che riguardano lo sviluppo del progetto esecutivo che sarà pronto a fine aprile, la predisposizione dei bandi di gara, le acquisizioni delle aree e dei permessi nei comuni attraversati. Ecco, diciamo che non si sente una particolare spinta propulsiva e che un po’ queste procedure da parte di alcuni
Bianchi (Pizzarotti) Dell’analisi costi-benefici sappiamo dai media: non è arrivata alcuna comunicazione che fermi il contratto sottoscritto a luglio dello scorso anno Simonetto (Icm) Voglio capire, se si arriverà a tanto, chi si prenderà la responsabilità di disconoscere un contratto in essere
Comuni risultano rallentate». I comitati No Tav del Veronese fanno presente che l’ultimazione del progetto esecutivo del primo dei tre lotti della Brescia-Verona si porta appresso la bellezza di 309 prescrizioni del Cipe. «Il progetto è già a buon punto, abbiamo consegnato al committente il 60% del progetto per il primo lotto che comprende quasi tutte opere civili - spiega Bianchi - il secondo lotto, invece, include la partita tecnologica ed è stato appaltato al consorzio Saturno». E, in effetti, Alstom ha comunicato giusto ieri che si è aggiudicata la realizzazione di parte degli impianti relativi alla linea AV/AC Brescia Est-Verona di Rfi. La commessa è stata assegnata a Ansaldo, Alstom e Sirti membri del Consorzio Saturno. Si occuperanno del segnalamento, elettrificazione e dei sistemi che gestiscono la diagnostica e manutenzione della rete, l’anti-intrusione e così via. Totale per il consorzio Saturno: 272 milioni Da un lato la Tav «procede», dall’altro si stenta a dare il primo colpo di ruspa vista la spada di Damocle pentastellata. Bianchi resta cauto: «La sensazione è che non ci sia l’impronta per svincolare un’opera importante come questa in tempi brevi. Da contratto, però, abbiamo 82 mesi di tempo per completare i lavori e si iniziava a contare da luglio 2018. Spero il nodo si sciolga perché la linea storica è sovraccarica, non riesce più a fare nemmeno le manutenzioni ordinarie, se poi invece si deciderà di fermare tutto, non c’è dubbio che si arriverà a un contenzioso».
Epilogo ipotetico condiviso anche da Gianfranco Simonetto, consigliere delegato di Icm: «Non abbiamo indicazioni su come andare avanti, se scatteranno le penali sarà responsabilità di Rfi e ministero. Qui siamo già in sofferenza perché, di fatto, non possiamo avanzare. Certo, resistiamo nella speranza si dia il via libera. Così non fosse, si va davanti a un giudice. Non si può continuare a lungo senza indicazioni precise, i costi nel frattempo lievitano. Resta l’incertezza per i lavoratori e anche per la programmazione dell’azienda. La sostenibilità economica del cantiere entro qualche mese non sarà più garantita: siamo nell’incertezza totale. Noi il contratto l’abbiamo firmato e abbiamo anche riscosso l’anticipo del 10%, 160 milioni di euro, vorrei capire chi si assumerà la responsabilità di disconoscere il contratto».