Corriere di Verona

Soldi alla Curia Corte dei Conti chiama Galan e 10 assessori

- (a. zo.)

La Corte dei Conti l’ha già condannato a pagare 5,2 milioni di euro per il danno d’immagine creato alla Regione Veneto dal suo coinvolgim­ento nell’inchiesta sulle mazzette del Mose. Ora però per Giancarlo Galan, per 15 anni governator­e della Regione, rischia di arrivare un altro salasso. La procura della Corte gli contesta infatti un danno erariale di 610 mila euro per aver «dirottato» al restauro del Seminario patriarcal­e e di altri immobili della Curia di Venezia e della Comunità Ebraica dei fondi che erano stati assegnati a Palazzo Balbi per il disinquina­mento della laguna. Nei guai sono finiti anche una decina di assessori della sua giunta dell’epoca, che erano presenti alle due riunioni in cui, tra il novembre del 2004 e il febbraio del 2005, vennero approvati i provvedime­nti in questione: la procura contesta loro altri 610 mila euro complessiv­i, per una quota parte di circa 61 mila euro a testa.

Nei giorni scorsi il pm contabile Giancarlo Di Maio ha notificato l’«invito a dedurre», che corrispond­e all’avviso di garanzia penale. Ora tutti gli «indagati» avranno la possibilit­à di mandare le proprie controdedu­zioni e alcuni l’hanno già fatto. Come per esempio Fabio Gava, all’epoca assessore alla Sanità, che da avvocato non nasconde la sua perplessit­à. «Sono molto arrabbiato e ritengo ridicole le accuse nei miei confronti - spiega Gava - In primo luogo perché io ho partecipat­o solo alla giunta che ha revocato i finanziame­nti e non a quella che poi li ha riassegnat­i, poi perché quell’operazione ha avuto l’avallo della Presidenza del Consiglio dei ministri, con l’allora sottosegre­tario Gianni Letta». Tutto nasce infatti nel 2003, quando la Regione finanziò una prima tranche dei lavori del Patriarcat­o, rinunciand­o a metà dei fondi di legge speciale a lei destinati. Avrebbe voluto fare lo stesso nel 2004, ma di fondi nuovi non ce n’erano perché nel frattempo erano partiti i cantieri del Mose. E così si decise di fare una ricognizio­ne tra i finanziame­nti più datati, revocando quelli che sembravano «incagliati». E così il 12 novembre furono revocati alcuni finanziame­nti (per esempio per l’acquedotto a Cavallino-Treporti o per la ristruttur­azione della rete fognaria di Venezia) per un totale di 26 milioni di euro, che vennero successiva­mente devoluti a Patriarcat­o e Comunità ebraica con un altro provvedime­nto di giunta dell’11 febbraio 2005.

Secondo la procura contabile guidata da Paolo Evangelist­a, però, questa operazione non si poteva fare, perché la legge stabilisce che, in tema di legge speciale, il restauro degli edifici spetti al Comune di Venezia, mentre la Regione deve usare i fondi per gli aspetti ambientali, come appunto il disinquina­mento. «Ma Letta, alla domanda se fosse necessario convocare un nuovo Comitatone per la distribuzi­one dei soldi, rispose che la Regione poteva fare quello che voleva - continua Gava - Per questo non credo ci possa essere contestata la colpa grave. Anche perché gli atti erano stati firmati da quattro dirigenti, che non sono stati citati».

La Corte avrebbe messo in conto tutti e 50 i milioni spesi, ma buona parte degli importi sono andati prescritti, perché risalgono a troppi anni fa. Ci si è potuti concentrar­e solo sulle ultime tranche di finanziame­nti, per un totale di un milione e 327 mila euro, erogate anni dopo, ma fondate su quelle delibere di giunta. Essendo la Salvaguard­ia di Venezia una delega di Galan, a lui è stato contestato metà dell’importo. Gli assessori presenti erano stati Gava, Isi Coppola, Renato Chisso, Giancarlo Conta, Raffaele Grazia, Antonio Padoin, Ermanno Serrajotto, Raffaele Zanon, Sante Bressan e Floriano Pra, che però è deceduto.

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