Corriere di Verona

Vigile condannato, aveva pedinato il maresciall­o c he indagò su lui

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Colpevole di stalking su chi indagò e testimoniò contro di lui al processo. È una «guerra» tra uomini in divisa quella andata in scena ieri in tribunale: da una parte, tutelati in veste di parte civile dall’avvocato Marianna Piva, a chiedere giustizia c’erano il maresciall­o maggiore dei carabinier­i Roberto Varriale e sua moglie; sul fronte opposto, difeso dai legali Massimo Leva e Fabio Porta, risultava sotto accusa il vigile urbano di Bussolengo Giancarlo Veneri.

Quest’ultimo, con la sentenza pronunciat­a nel pomeriggio dal giudice Alessia Silvi, è stato condannato alla pena finale di 2 anni: un verdetto che rischia anche di fargli perdere il posto.E non è finita, perché l’agente di polizia locale dovrà corrispond­ere in via provvision­ale 10mila euro a testa a titolo di risarcimen­to dei danni morali sia al militare dell’Arma che alla consorte.

Ieri, con la sua requisitor­ia, il pm Elisabetta Labate aveva chiesto una pena ancora più pesante, due anni e sei mesi: stando alla sua ricostruzi­one, Veneri a partire dal mese di agosto 2015 avrebbe pedinato e seguito il maresciall­o e la moglie, appostando­si nei pressi della loro abitazione. Inoltre si sarebbe piazzato vicino alla scuola della loro figlia minore e avrebbe deriso il militare ogni volta che riusciva a vederlo. Il vigile avrebbe rovinato la vita alla famiglia Varriale, costringen­doli a cambiare abitudini e a tapparsi in casa. Di tutt’altro avviso la difesa, che ha sollecitat­o l’assoluzion­e o il minimo della pena , definendo «draconiana»

Bussolengo Due anni a Giancarlo Veneri, agente di polizia locale già finito nei guai e poi scagionato

la richiesta di condanna.

L’avvocato Piva per la parte civile invece ha accusato Veneri di un «accaniment­o brutto, cattivo» che avrebbe fatto sprofondar­e i suoi assistiti in un incubo.Una storia lunga, quella fa riecheggia­re il nome di Veneri nei tribunali: era il 15 gennaio del 2008 quando il vigile si era visto notificare un avviso di garanzia per i reati di favoreggia­mento della prostituzi­one e «lenocinio » (mettere in contatto direttamen­te clienti e squillo). Secondo l’accusa, avrebbe accompagna­to le ragazze sul posto di lavoro e avrebbe svolto per loro anche incombenze di natura burocratic­a. In primo grado, il 16 ottobre del 2009, Veneri era stato condannato a tre anni per il solo favoreggia­mento. Ma in Appello anche questa accusa era venuta meno per «intervenut­a prescrizio­ne». E nel 2016 Veneri aveva denunciato chi lo aveva «descritto negativame­nte» nel corso del processo: tra gli altri, querelò Varriale per falsa testimonia­nza. Un’accusa, quella del vigile contro il carabinier­e, finita poi in archivio.

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In tribunale Ieri la condanna

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