Corriere di Verona

«Luca e Edith nelle mani di un gruppo di terroristi legati ad Al Qaeda»

Il padovano rapito in Burkina Faso con l’amica Edith Blais da un gruppo legato ad Al Qaeda

- di Andrea Priante

Il padovano Luca Tacchetto e l’amica canadese Edith Blais, scomparsi in Burkina Faso dal 15 dicembre, sarebbero nelle mani di un gruppo di sequestrat­ori legato ad Al Qaeda. Si sta lavorando per avviare una trattativa e riportarli a casa. Intanto la Farnesina chiede «massimo riserbo». La procura di Roma indaga per sequestro di persona a scopo di terrorismo.

Il padovano Luca Tacchetto e la canadese Edith Blais sono nelle mani dei terroristi. Probabilme­nte di uno dei gruppi legati ad Al Qaeda che da tempo stanno seminando il panico in vaste zone dell’Africa.

È questo ciò che trapela da chi sta lavorando per riportare a casa l’architetto di Vigonza e la sua amica, scomparsi in Burkina Faso il 15 dicembre. Un sequestro che, è facile da intuire, ha come principale obiettivo quello di ottenere un riscatto: soldi che poi verrebbero impiegati per finanziare l’attività jihadista.

Il rapimento va a confermare quanto detto venerdì dal premier canadese Justin Trudeau: «Edith è viva». E, per quanto si sa, lo è anche Luca. Resta da capire fino a che punto si siano spinte le trattative che, inevitabil­mente, vengono seguite con attenzione non solo dalle autorità burkinabé ma anche da quelle dei due Paesi di provenienz­a dei ragazzi.

La Farnesina sottolinea che «è necessario mantenere il massimo riserbo». Segno che il momento è delicato e qualcosa si sta effettivam­ente sbloccando. «L’Unità di crisi - aggiungono fonti del Ministero degli Esteri - sta seguendo il caso con la massima attenzione, in costante contatto con i familiari del nostro connaziona­le».

Che quella del rapimento sia la pista più accreditat­a, lo conferma anche il fatto che la procura di Roma (titolare per le inchieste che riguardano gli italiani vittime di reati all’estero) procede per il reato di sequestro di persona a scopo di terrorismo, proprio in relazione alla scomparsa in Burkina Faso di Luca Tacchetto.

Il procedimen­to era stato aperto in un primo momento come modello 45, ossia senza indagati o ipotesi di reato. E lì era confluito anche tutto il materiale raccolto dagli investigat­ori padovani nei giorni successivi alla denuncia di scomparsa presentata ai carabinier­i, a fine dicembre, da Nunzio Tacchetto, il padre dell’architetto. Il pm Sergio Colaiocco, titolare dell’indagine, in questi giorni ha quindi rubricato il fascicolo con quanto previsto dall’articolo 289 bis del codice penale.

Tra le cose ancora da capire, c’è il luogo in cui sarebbe avvenuto il rapimento. Le ultime notizie certe, davano i due ragazzi a Bobo-Dioulasso, la seconda città per dimensioni del Burkina Faso. Lì sono giunti proprio il 15 dicembre, dopo un lungo viaggio iniziato il 20 novembre da Vigonza, da dove erano partiti su una vecchia Renault Megane con l’obiettivo di raggiunger­e il Togo (passando per Francia, Spagna, Marocco, Mauritania, Mali e, appunto, Burkina Faso) dove dovevano collaborar­e come volontari alla costruzion­e di un villaggio. Hanno trascorso la serata con un francese che vive in Africa, conosciuto pochi giorni prima, e che ha raccontato di averli ospitati nella sua casa per la notte.

«La mattina del 16 dicembre sono ripartiti, volevano visitare la vecchia moschea», ha spiegato l’uomo, di fatto l’ultima persona conosciuta ad averli visti. Anche perché nessuna delle guide del tempio ricorda di aver notato i due occidental­i. Quindi Luca ed Edith potrebbero essere stati rapiti nel tratto di strada che dall’abitazione del francese porta al luogo di culto. Oppure hanno cambiato itinerario, magari per dirigersi - come l’architetto aveva accennato in un messaggio alla madre - al parco di Sindou, nella regione delle cascate. E allora, qualcuno potrebbe aver teso loro un agguato lungo una delle strade secondarie che conducono ai pinnacoli di pietra, tra le principali attrazioni turistiche del Burkina Faso.

Intanto, dopo le tante interviste rilasciate nei giorni scorsi, ieri i genitori di Luca hanno deciso di non rilasciare alcuna dichiarazi­one. Forse per rispettare le raccomanda­zioni della Farnesina a «mantenere il massimo riserbo».

Raggiunta al telefono la madre, Rosanna Crivellari, si è limitata a dire: «Non sappiamo niente. Leggo quello che scrivono i giornali, guardo la tivù, ma c’è solo tanta confusione». Si è sfogata solo con gli amici più stretti: «Prego perché tornino a casa. Per il resto non capisco cosa stia accadendo. La dichiarazi­one del premier canadese Justin Trudeau, non mi è parsa così netta: più che avere la certezza che Edith sia viva, pareva voler dire che dal Burkina Faso non è arrivata alcuna informazio­ne che lasci intendere il contrario. C’è una certa differenza…».

Restano le dichiarazi­oni rilasciate pochi giorni fa da suo marito Nunzio, l’ex sindaco del paese: «O mio figlio è stato sequestrat­o o inghiottit­o da un gorgo dove non si trova più niente. La cosa più probabile è che sia stato rapito per fini politici o economici».

(Altri servizi sul Corriere della Sera)

La madre di Luca Non sappiamo niente. Leggo i giornali, guardo la tivù, ma ci trovo soltanto tanta confusione

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ScomparsiI­l padovano Luca Taccheto, 30 anni, e l’amica canadese Edith Blais, 34. Sono spariti il 15 dicembre

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