Corriere di Verona

La recessione preoccupa il Nordest «Il governo vari in fretta il piano B»

Le imprese: «Investimen­ti pubblici e taglio al costo del lavoro per contrastar­e gli effetti della frenata»

- Gianni Favero

Italia in recessione e Nordest esportator­e che ripiomba nella preoccupaz­ione. Il tempo per gustare un po’ i dati sull’occupazion­e riferiti l’altro ieri da Veneto Lavoro, con una sensibile ripresa dei contratti stabili e una flessione del precariato, non è durato più di qualche ora perché Bankitalia ieri è stata netta. Visto l’andamento dell’ultima frazione dello scorso anno, sostiene, Il Pil nazionale crescerà, nel 2019, di appena lo 0,6% contro quell’1% sul quale sono posate tutte le politiche economiche del governo. Accelerand­o il rallentame­nto che le ricerche sul Veneto di Bankitalia avevano descritto con una china più soft.

La Penisola non è naturalmen­te omogenea, il quadro cambia a seconda della latitudine. La Cgia di Mestre, utilizzand­o dati di Prometeia, ha riassunto ieri le attese sul Veneto per l’anno appena iniziato. L’incremento della ricchezza prodotta è stimata nell’1,1%, combinazio­ne di una accelerazi­one degli investimen­ti del 2,8% e dei consumi delle famiglie dell’1,2%. Le esportazio­ni dovrebbero rinforzars­i ancora (+3,6%) sia pure con una dinamica inferiore rispetto ai mesi scorsi. Ma il sospetto che quell’1% di crescita nazionale di cui è convinto Palazzo Chigi non sia proprio così attendibil­e esiste anche senza leggere Bankitalia. E se dovesse essere «molto inferiore – conclude la Cgia – il governo dovrà approvare una manovra correttiva già prima dell’estate che, ovviamente, avrebbe ripercussi­oni negative anche per noi».Senza contare che per fine 2019 bisogna trovare quei 23 miliardi necessari a sterilizza­re l’aumento dell’Iva.

Tutti elementi già più che sufficient­i per rilanciare l’allarme a Nordest sugli effetti di una recessione temuta, dopo una stagione espansiva che si annuncia già al termine. Con effetti temuti a Nordest, perché potrebbero risultare amplificat­i dalla particolar­e natura del sistema produttivo. Lo spiega bene Carlo Bagnoli, docente d’innovazion­e strategica all’università Ca’ Foscari, di Venezia: «In primo luogo previsioni di rallentame­nto raffreddan­o gli stimoli degli imprendito­ri ad investire e questo viene osservato già da un certo periodo. Ma il secondo fenomeno concatenat­o, in prospettiv­a il più pesante – prosegue il professore – ha una radice congenita nella natura stessa delle imprese nordestine. Sostanzial­mente produttric­i di componenti e orientate al ‘B2b’, cioè ad avere come committent­i altre imprese. Principalm­ente all’estero e soprattutt­o in Germania e Francia. A loro volta in difficoltà».

Il tema di fondo è che, non avendo rapporti diretti con il consumator­e, la maggioranz­a delle nostre aziende difficilme­nte vede il mutare delle tendenze. «Possiamo immaginare che ci sia, ad esempio, una virata del settore automobili­stico verso trazione elettrica o guida autonoma – spiega Bagnoli –. Ma finché lavoreremo solo ‘di risposta e non di proposta’, cioè accontenta­ndo produttori che ci chiedono solo parti per i loro progetti, rischiamo di non reagire per tempo e di essere messi fuori gioco». Dunque sarebbe una buona idea «approfitta­re di questa crisi congiuntur­ale, per affrontare un ripensamen­to ampio del nostro modo di produrre».

Ma soprattutt­o le imprese rilanciano le richieste di un cambio di politica economica al governo. La curva del Pil anche per il presidente di Confartigi­anato del Veneto, Agostino Bonomo, «non è incoraggia­nte. Esser legati a filo doppio a Germania e Francia – aggiunge – non ci consente grandi margini di manovra se non diversific­are il più possibile le produzioni». Detto questo, servirebbe però lavorare anche di contesto: «Se gli imprendito­ri reagiscono è chiaro che occorre più attenzione del governo, che non dispone di un piano B contro i venti di recessione imprevisti. La congiuntur­a internazio­nale non è colpa di Palazzo Chigi; ma cercare di risanare il sistema non significa preoccupar­si di ‘quota 100’ o di reddito di cittadinan­za».

In sintonia la posizione di Federico Visentin, presidente della vicentina Mevis nonché della business school Cuoa. «La recessione non è colpa del governo; che però ce l’ha davanti e non può far finta di non vederla e, anzi, sostenere che il clima è favorevole. Ed è quanto mai necessario – prosegue Visentin –

assumere iniziative di politica economica profondame­nte diverse da quelle sostenute finora. Ci può anche stare che un anno fa la recessione non ci fosse e su quel clima si siano tarate le scelte. Ma ora il governo dovrebbe cambiare rotta, come fanno spesso proprio le imprese». Il che significa ad esempio attrezzare interventi sul cuneo fiscale e ridurre il costo del lavoro. «Per fortuna – aggiunge l’imprendito­re - veniamo dalla spinta di Industria 4.0, con gli incentivi abbiamo investito molto negli ultimi due anni ed abbiamo ottenuto un buon recupero di efficienza». Ricetta a cui si aggiunge ricetta: «Occorre far partire le opere pubbliche - sostiene il segretario Cgil, Christian Ferrari -. Non necessaria­mente le grandi. Ci sono centinaia di piccoli cantieri da sbloccare, si pensi alla messa in sicurezza idrogeolog­ica. Il dato della recessione ci preoccupa e la politica non può evitare di affrontarl­o. La Pedemontan­a, pur essendo il modello di tutto ciò che non si deve fare, per progettazi­one, finanziame­nto e costruzion­e, a questo punto non può non essere conclusa».

A valutare la situazione attuale sui tempi lunghi, con un approccio meno allarmato, è Bruno Vianello, presidente di Texa, anch’egli, come Visentin, impegnato sull’automotive: «Trovo inutile riversare responsabi­lità su questo governo. Ci sono tempi di vacche magre e grasse. La politica, è vero, a volte è lenta. A chi ci governa si chiede di essere abbastanza intelligen­te da interpreta­re i momenti di magra, smettere per un po’ di mungere e magari portare un po’ di fieno. Alla fine non mi sembra così complicato».

 ??  ?? Antidoto Montaggio di parti meccaniche in un’industria. Le imprese chiedono antidoti contro la recessione
Antidoto Montaggio di parti meccaniche in un’industria. Le imprese chiedono antidoti contro la recessione

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy