Corriere di Verona

Campigli, Sironi, Carrà e Manzù arricchira­nno le sale di Ca’ Pesaro

- Ve.Tu.

«Vorrei che coi miei quadri si potesse convivere come con un lento pendolo silenzioso», affermava Massimo Campigli. Inizia con le sue

Amazzoni (1928) il nuovo viaggio attraverso l’arte italiana tra le due guerre proposto da Ca’ Pesaro, Galleria Internazio­nale d’Arte Moderna di Venezia, un viaggio che durerà non meno di cinque anni (rinnovabil­i). È questa infatti la durata del comodato a lungo termine di una collezione privata che porta in laguna un nucleo di 32 opere di alcuni tra i più importanti autori italiani del ’900: oltre al citato Campigli – presente con altre quattro tele, tra cui La figlia

del carceriere (1929) e Donna ingioiella­ta (1942) - , capolavori di Carlo Carrà, Giacomo Manzù, Ottone Rosai, Scipione e Mario Sironi. «Una raccolta – marca Gabriella Belli, direttrice dei Musei Civici di Venezia - di grande qualità e dai nobili natali, con lavori appartenut­i, tra gli altri, alla scrittrice e mecenate Margherita Sarfatti, all’editore Pietro Vallecchi, al collezioni­sta Gianni Mattioli. Gli attuali proprietar­i chiedono l’anonimato». Opere in forte sintonia con le collezioni di Ca’ Pesaro. Carrà entra in museo con cinque opere, tra cui Mattino sul

mare del 1928; cinque creazioni pure di Rosai, fautore di quella ripresa della sintesi, promossa dalla Sarfatti, che ebbe larga fortuna nella produzione europea tra le due guerre. Una sala è dedicata a Sironi, otto dipinti tra cui Il

Bevitore (1923-24), e Pandora (1924), monumental­e corpo di donna su un paesaggio roccioso dall’aspetto primordial­e. Infine la voce alternativ­a di Gino Bonichi detto Scipione, capace di accese cromie e audacie prospettic­he di matrice espression­ista. L’excursus si chiude con una selezione di sculture e disegni di Manzù.

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Carlo Carrà «Mattino sul mare» (1928)

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