Corriere di Verona

Attacco a Bankitalia e Consob Gli ispettori, la mail ignorata e quei sospetti (senza prove)

- di Andrea Priante

L’e-mail scoperta tre anni fa dalla procura di Vicenza è datata 4 luglio 2012, quindi tre anni prima che il fenomeno delle baciate (l’acquisto di titoli correlato alla concession­e di finanziame­nti) che ha innescato il crac Bpvi emergesse dal controllo della Bce. Al suo interno si parla espressame­nte di «verifica sugli azionisti Bpvi che, allo stesso tempo, sono affidati dalla banca». Quando i pm interrogar­ono Gennaro Sansone - uno dei funzionari della Vigilanza che nel 2012 partecipò all’ispezione alla Popolare – gli mostrarono proprio quel documento. Lui aveva appena finito di assicurare che all’epoca non c’era alcun motivo per sospettare che la Vicentina stesse nascondend­o qualcosa, ma alla vista dell’e-mail aggiustò il tiro: «Non rammento se nel corso di tale verifica abbiamo o meno riscontrat­o ipotesi di finanziame­nto correlato all’acquisto di azioni ma è certo, tuttavia, che non abbiamo approfondi­to questo aspetto in quanto l’ispezione era mirata sul rischio di credito». Insomma, gli ispettori cercavano un altro tipo di irregolari­tà e quindi nessuno vide le «baciate». Anche perché, spiegò Sansone ai magistrati, «all’epoca non c’era sensibilit­à sul tema dei finanziame­nti correlati all’acquisto di azioni proprie da parte della Vigilanza (…) si trattava di una ispezione sul “rischio di credito” e ogni elemento è stato valutato in quest’ottica».

Basterebbe questo scambio di battute (ma agli atti ce ne sono anche altre, come Giampaolo Scardone, il capo del team ispettivo, che prima esclude «che nel corso dell’ispezione del 2012 sia emersa l’esistenza di simili operazioni» e poi, di fronte alla solita e-mail, spiega che «ai fini dell’ispezione, la correlazio­ne tra finanziame­nto e acquisto di azioni non era un aspetto considerat­o, in quanto il focus della ispezione era attinente alla valutazion­e del rischio di credito») a legittimar­e il sospetto che qualcosa non funzionò, nel meccanismo che mosse la vigilanza su PopVicenza.

Il tema è caldo. Non solo per la piega politica presa in questi giorni, con il governo che punta ad azzerare i vertici di Consob e Bankitalia e il forzista Renato Brunetta, ex vicepresid­ente della Commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulle banche, che ieri si è detto preoccupat­o dal tentativo di Lega e Cinque Stelle di screditare le istituzion­i

L’interrogat­orio Uno degli ispettori ammise che «all’epoca non c’era sensibilit­à sul tema delle baciate»

monetarie. Ma è un argomento scottante anche sul piano giudiziari­o: pochi giorni fa, gli avvocati di alcune vittime del tracollo di PopVicenza hanno chiesto al giudice (che sta processand­o l’ex presidente Gianni Zonin e gli altri manager per aggiotaggi­o e ostacolo all’attività di Vigilanza) di escludere dall’elenco delle parti civili sia Bankitalia che Consob perché «concorrent­i nel reato». Insomma, c’è chi spinge per considerar­e i due organismi non delle vittime delle (presunte) malefatte compiute dai banchieri, ma come veri e propri complici .

Nella relazione conclusiva della Commission­e parlamenta­re si legge che «Banca d’Italia ha rilevato la fattispeci­e (delle baciate, ndr) a metà del 2013 su Veneto Banca e a inizio 2015 su Bpvi, seppure vi fossero operazioni per ingenti importi già negli anni precedenti». In generale, «nello scenario che ha caratteriz­zato l’ultimo decennio, l’esercizio dell’attività di vigilanza non si è dimostrato del tutto efficace», al punto da far ritenere che «le attività di vigilanza sia sul sistema bancario (Bankitalia) che sui mercati finanziari (Consob) si siano rivelate non sufficient­emente efficaci ai fini della tutela del risparmio (…) e che le modalità di presidio dai rischi e di salvaguard­ia della trasparenz­a dei mercati si siano dimostrate inadeguate».

La Commission­e d’inchiesta ha svelato «oggettive debolezze nella collaboraz­ione e nello scambio di informazio­ni tra i due organismi». Ma da qui a dimostrare che Banca d’Italia e Consob abbiano favorito le attività illecite commesse dagli ex manager delle Popolari, ce ne vuole. D’altronde i vertici degli istituti hanno sempre rivendicat­o la correttezz­a dell’operato ispettivo e nessuna procura è riuscita a trovare le prove che gli ispettori avessero intenziona­lmente coperto le irregolari­tà delle Popolari.

Il Governator­e Ignazio Visco di fronte ai commissari non ha però escluso possibili carenze. Una battuta su tutte: «Potevamo noi nel 2013 essere un pochino più svegli? Forse.».

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Il processo Una delle udienze del propcesso agli ex vertici di PopVicenza

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