Corriere di Verona

Case e imprese, Gheddafi milionario «nullatenen­te»

- di Angiola Petronio

Saga di famiglia Gli erano già state confiscate case e terre A Zimella aveva portato tanto denaro

Era il 2011. Fu nell’estate di quell’anno che quello che fino ad allora era un «chiacchier­iccio» divenne una realtà. E si scoprì che Zimella era frazione di Cutro, provincia di Crotone. E che a colonizzar­la per farla diventare possedimen­to della ‘ndrangheta era una famiglia calabrese arrivata tra i campi della Bassa Veronese a tirar su case e a comprare terreni agricoli trent’anni prima. La famiglia di Domenico Multari. Il «console onorario» della malavita organizzat­a calabrese in terra scaligera. Quel «Gheddafi» che si era portato in dote un rosario di precedenti penali. Omicidio colposo, ricettazio­ne, sequestro di persona. E anche estorsione. Ma nel corredo quello che il soprannome lo deve ai riccioli che ricordano quelli del ras libico - ci aveva messo anche un bel pacco di soldi. Quelli racimolati grazie al clan dei Dragone e a quell’Antonio, ammazzato nel 2004, che a lui aveva affidato il patrimonio di famiglia. Per recuperarl­o si era fatto aiutare da un imprendito­re bellunese poi condannato per bancarotta fraudolent­a, Multari. E venne nel Veronese a investire il «provento». Non puzza e non fa fare domande, il denaro. E Gheddafi a Zimella ne ha portato parecchio. Mattoni e affari illeciti, Domenico. Con la Dia di Padova che li ha spulciati tutti. È stato nell’estate del 2011 che gli hanno soffiato cinque case - tre a Zimella, una a Ronco all’Adige e una a Cropani, provincia di Catanzaro - gli investigat­ori. Tutte intestate a parenti e prestanome. E sequestrat­o anche sei terreni agricoli e il 60 per cento delle quote della Real Costruzion­i, società edile intestata ai figli a quel ras che in 7 anni di «residenza» scaligera aveva dichiarato, in tutto, 40 mila euro di redditi. «Tenore di vita assolutame­nte incompatib­ile», era stato bollato il suo. Ed è stato allora che a Zimella non si è più potuto fare spallucce. Nella Bassa Gheddafi si è portato tutta la «famiglia». Anche quella di sangue. I fratelli, Fortunato e Carmine. Tutti e due più giovani, il primo residente anche lui a Zimella, il secondo a Lonigo. I quattro figli avuti da due donne diverse, tra cui Antonio - 25 anni e residenza a casa del papà col quale adesso divide la cella - i nipoti. E i «sodali». Ha sempre avuto il piglio dell’«imprendito­re», Gheddafi. Ci aveva provato anche con un villaggio turistico in Camerun. Affare in cui aveva coinvolto anche la famiglia Giardino, base a Sona origini a Capo Rizzuto e accuse di estorsione e usura. Quando il pubblico ministero dell’inchiesta Aemilia gli chiese se «nel Veronese c’è una ‘ndrina», il collaborat­ore di giustizia Angelo Salvatore Cortese rispose, testuale, che «Su Verona no... La maggior parte sono gruppi, ma ci sono i solitari... Come punto di riferiment­o ci sono i fratelli Multari. Qualsiasi problema uno si rivolgeva anche a loro: Domenico Multari, Fortunato...». E parlando di Salvatore Cappa, ritenuto il capo della filiale veronese del clan Grande Aracri -. casa e beni per oltre un milione e mezzo sequestrat­i sempre nel Veronese, ad Arcole - Cortese disse che «è in buoni rapporti

con la cosca cutrese, soprattutt­o con i fratelli Multari, con Domenico Multari..». Gheddafi che a Zimella la «facciata» se l’era creata con una pizzeria, la Fortezza Zimella che era anche il paese in cui abitavano i fratelli Grisi. Vennero giustiziat­i a Crotone nel 2011 con un colpo di pistola alla testa i fratelli Giuseppe e Alfredo Grisi, mentre il terzo - Francesco rimase ferito. Tutti di Cutro, i fratelli Grisi. Come i Multari. Titolari di un’impresa edile, come Multari. Tutti residenti a Zimella, i fratelli Grisi. Come i Multari. A quell’omicidio assistette Francesco Frontera, condannato a oltre 8 anni nell’inchiesta Aemilia. La sua, di famiglia, con quella dei Multari, ci lavorava. L’ennesimo grano di un rosario che racconta di come il Veronese, sia ormai terra di ‘ndrangheta.

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