Leardini nei guai Evasione fiscale per un milione
Costruttore nei guai per le tasse 2010. La difesa punta il dito sull’ex politico
Il costruttore Alessandro Leardini è accusato di aver evaso un milione di Iva.
Davanti al giudice Camilla Cognetti, ieri, doveva rispondere dell’«omesso versamento dell’Iva dovuta in base alle dichiarazioni annuali per un importo di un milione 97mila 187 euro per l’anno d’imposta 2010». Accusa di cui, assistito dal legale Nicola Avanzi, è chiamato a difendersi il noto costruttore Alessandro Leardini: «Un fatto accertato a Verona il 27 dicembre 2011 - si legge nel capo d’imputazione -, termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo al periodo di riferimento individuato nell’anno 2010». Ieri in aula è stato disposto un rinvio della trattazione al dicembre 2020: incombe la prescrizione, ma la difesa punta «all’assoluzione nel merito, in quanto intendiamo dimostrare che spiega l’avvocato Avanzi - Leardini risultava all’epoca impossibilitato a pagare tale imposta perché già alle prese con la vicenda Giacino di cui abbiano prodotto le sentenze».
Ma le novità, per Leardini, non terminano qui: un anno e cinque mesi fa, il Tribunale collegiale di Verona aveva decretato per lui la condanna al minimo della pena, vale a dire due mesi, per una vicenda direttamente collegata proprio allo scandalo-tangenti costato condanna e carriera politica all’ex vicesindaco e assessore all’urbanistica di Verona. Un caso che di qui a poco, a Venezia, si riaprirà con il giudizio di secondo grado in cui Leardini e i suoi difensori sperano di ottenere «la piena assoluzione in virtù delle novità normative che, in tema di indebita dazione, prevedono la causa specifica dell’esclusione del reato». Oggi come allora, il «grande accusatore» dei coniugi Vito Giacino-Alessandra Lodi non ci sta a essere stato ritenuto «penalmente responsabile» del reato su cui si incentrava quel processo: difeso dagli avvocati Avanzi e Marco Pezzotti, l’imprenditore edile il 12 set- tembre 2017 doveva rispondere del reato previsto all’articolo 319 quater del codice penale, ovvero del nuovo reato di “induzione a dare utilità”». Con la sentenza emessa quel giorno, però, «non si trasmette un messaggio incoraggiante stigmatizzarono da subito i legali di Leardini -. Il nostro cliente ha pagato quei soldi per poter lavorare, dalle udienze è risultato evidente il condizionamento che subiva per le pressioni esercitate su di lui dall’allora vicesindaco Giacino». E la stessa accusa, rappresentata dal pm Maria Beatrice Zanotti, durante la requisitoria aveva sostenuto che «Leardini è colpevole ma merita nel contempo tutte le attenuanti». Parola, a breve, all’Appello.
In appello E a Venezia parte il secondo grado per l’«indebita dazione di denaro»