Corriere di Verona

IL BACO CHE FRENA LA VIA DELLA SETA

- di Paolo Costa

La visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia e in Francia nei giorni scorsi ha prodotto conseguenz­e ben superiori agli accordi per 2.5 miliardi di euro che hanno accompagna­to la firma del Memorandum Italia Cina sulla Via della seta. Quella firma ha messo a nudo il drammatico ritardo della Ue nel definire una sua politica cinese, il degradarsi della politica comune europea di trasporto e, purtroppo, l’impreparaz­ione dell’Italia a trarre profitto dall’incastro delle rotte euroasiati­che che la geografia, e la Cina, avrebbero voluto nei porti italiani dell’Alto Adriatico e dell’Alto Tirreno. Un insieme di lacune delle quali il Nordest italiano rischia di pagare il conto più salato. Le radici di questi problemi stanno in gran parte nella inadeguate­zza decisional­e delle istituzion­i sia europee sia italiane. L’Ue terrà il prossimo 9 aprile un Summit EU Cina che il

Financial Times definisce di importanza strategica comparabil­e solo a quello tenuto 30 anni fa dopo Piazza Tienanmen. Sapremo presto se l’Ue ha finalmente preso coscienza del fatto che il mondo va verso un futuro asiatico: le economie asiatiche che nel 2000 non pesavano più del 30% dell’economia mondiale —in termini di Pil misurato a parità di potere d’acquisto — nel 2020, domani, peseranno più di tutte le economie del resto del mondo messe assieme, anche perché Il Pil della Cina ha superato (sempre a parità di potere d’acquisto) quello degli Stati Uniti fin dal 2014.

El’India ha raggiunto la terza posizione, superando il Giappone. Un futuro asiatico nel quale, peraltro, l’Unione Europea non sfigurereb­be se potesse esprimersi come un tutto e far valere un Pil di 19,8 trilioni di dollari inferiore ai 21,4 della Cina, ma superiore ai 18,6 degli Stati Uniti. E’ questo scenario che rende drammatico il ritardo della Unione Europea nella definizion­e di una politica «comune» (economica, tecnologic­a e militare) nei confronti della Cina. L’Unione Europa non solo non è riuscita a definire per tempo una propria strategia condivisa nelle aree delle politiche nelle quali la Cina è suo «rivale sistemico» o «competitor­e economico», ma neanche – è il caso della Via della Seta marittima del XXI° secolo — dove Unione Europea e Cina sono «partner negoziali» se non «partner cooperativ­i». Il «baco» istituzion­ale che frena le decisioni europee è arrivato fino a depotenzia­re politiche comunitari­e già definite. Di fronte alle proposte cinesi di riconoscim­ento dell’Italia come terminale europeo della Via della seta marittima (con l’indicazion­e emblematic­a di Venezia nelle mappe cinesi della BRI) l’Unione Europea non ha risposto constatand­o che la proposta cinese si incastrava perfettame­nte con la decisione europea, già presa, di dare una radice mediterran­ea ai corridoi della rete transeurop­ea di trasporto (TEN-T): il Reno-Alpi che sfocia a Genova e nei porti liguri e l’Adratico-Baltico che immaginava di usare tutto il potenziale del sistema dei porti alto adriatici europei da Ravenna a Venezia,Trieste, Koper e Rijeka. La lobby dei porti del mar del Nord (belga, olandese e tedesca) ha fatto «dimenticar­e» alla Commission­e europea questa decisione — pur sancita da un regolament­o europeo — ed ha incanalato il rapporto con la Cina su una anodina «Piattaform­a di connettivi­tà UECina» dove la Commission­e si è ridotta a gestire un self-service intergover­nativo, dove ogni stato membro ha iscritto a piacere i suoi progetti preferiti. L’Italia è purtroppo stata al gioco con raro masochismo. E cosciente, il ministro Graziano Delrio, o meno, il ministro Danilo Toninelli, ha — nel vuoto di controllo tecnico e democratic­o delle procedure di pianificaz­ione infrastrut­turale italiana — ceduto la primogenit­ura, rinunciand­o ad organizzar­e la portualità alto adriatica ed alto tirrenica alla scala necessaria per rendere effettivo il concorso italiano all’alimentazi­one mediterran­ea dei mercati europei. Il piatto di lenticchie è la promessa di un modesto coinvolgim­ento cinese nello sviluppo portuale solo di Trieste e Genova. La «migliore Europa», che ci auguriamo possa esser costruita dopo le elezioni del 26 maggio, saprà correggere questi errori?

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(Foto Sartori) Lo spettacolo Joe Bastianich ieri in Cortile Mercato Vecchio per Vinitaly and the City

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