Torna a Verona l’assemblea Bpm ma pesa il caso diamanti
Assemblea dei soci in città dopo tre anni. Con sit-in di protesta
La vicenda diamanti pesa sul ritorno a casa di Banco Bpm. La convocazione è per oggi alle 9 a Verona, al Cattolica Center di via Germania, in Zai. Dove, tra l’altro, si tornerà la prossima settimana, per l’assemblea di Cattolica, la prima per eleggere il nuovo cda con il nuovo schema monistico della società cooperativa che apre ai soci di capitale. E si tratta degli unici appuntamenti finanziari di rilievo nel Veneto dell’epoca post-liquidazione di Popolare Vicenza e Veneto Banca.
Quella di Banco Bpm è un’assemblea ordinaria, concentrata tutta sull’approvazione del bilancio 2018. Eppure l’appuntamento è di rilievo per una serie di elementi.
Primo: Banco Bpm torna a Verona per la prima volta dopo la fusione tra Banco Popolare e Popolare di Milano che aveva creato la terza banca italiana, il 1. gennaio 2017. L’ultima assemblea a Verona fu il 15 ottobre 2016, ancora con le insegne del Banco per approvare proprio la fusione con Bpm. Allora, ancora con il voto capitario, il progetto passò con il 99,4% degli oltre 23 mila soci rappresentati. Un altro mondo, rivista solo a tre anni di distanza. E poi, dopo Novara e Milano, l’assemblea a Verona è la prima occasione per tastare in Veneto l’umore tra i soci intorno a Banco Bpm.
Umore su cui molto pesa la vicenda dei diamanti da investimento, piazzati come sicuri e rivelatisi invece a prezzi gonfiati. Vicenda che ha partorito un’inchiesta penale a Milano, con sequestri per 83 milioni e 12 indagati, tra cui il direttore generale di Banco Bpm, Maurizio Faroni, sotto indagine per concorso in truffa e autoriciclaggio e alla fine sospeso. Adiconsum e Federconsumatori manifesteranno davanti all’ingresso dell’assemblea per sollecitare la banca, al pari delle altre coinvolte, da Intesa, a Unicredit a Mps, «alla completa restituzione del capitale investito, allineandosi alle buone prassi degli altri istituti, e a rifondere celermente i clienti», come dice il presidente di Adiconsum Verona, Davide Cecchinato. Mentre la linea di Banco Bpm, che ha accantonato 350 milioni, è fin qui di riconoscere un indennizzo, lasciando ai clienti la proprietà delle pietre; lungo questa via Banco Bpm ha definito 2570 transazioni.
«Ma sono un migliaio, per un controvalore di oltre 20 milioni di euro, solo i cittadini veronesi iscritto alla nostra associazione, incappati nella vicenda per essersi fidati dei consigli della loro banca», insiste Cecchinato. E se Banco Bpm è in buona compagnia, è anche vero che è il caso con i valori in gioco più alti. Secondo il bilancio 2018 di Banco Bpm, a fine gennaio erano stati 13.300 i clienti che avevano avanzato reclami chiedendo la restituzione del loro investimento, con un valore di 430 milioni. Ma la relazione dell’Antitrust dell’ottobre 2017, che aveva multato Banco Bpm per 3,3 milioni di euro, come ricorda l’Adiconsum, indica il valore delle vendite intermediate tra 2011 e 2016 in 600 milioni di euro con 30-40 mila clienti interessati.
E tuttavia non ci sono solo i diamanti. In ballo anche la valutazione complessiva sulla banca, al terzo anno di fusione. Il 2018 si è caratterizzato per la cessione di 18 miliardi di crediti deteriorati, il doppio di quanto previsto dal piano strategico, in ampio anticipo sui tempi. Ma alla messa in sicurezza corrisponde un bilancio 2018 in perdita per 60 milioni; e in parallelo, come ricorda la lettera del cda ai soci, l’ennesimo rinvio dell’«attesa distribuzione del dividendo». E a tre anni di distanza, non si vedono benefici e sul fronte del valore delle azioni: partite con una quotazione a 2,5 euro a gennaio 2017, dopo aver raggiunto un picco di 3,5 euro a settembre dello stesso anno, l’azione sta ora a 1,9 euro.
Certo, su questo fronte c’è un pesante effetto-Paese da scontare. Ma resta che i risultati operativi del terzo polo paiono meno brillanti di quanti ci si sarebbe potuti aspettare. Un raffronto: nel piano industriale di fusione, Banco Bpm dichiarava di voler raggiungere nel 2019 utili normalizzati per 1,1 miliardi, proventi operativi normalizzati per 5,2 miliardi e un dotazione di capitale in Cet1 del 12,9%. Il 2018 si è chiuso con un utile normalizzato di 343 milioni, proventi operativi per 4,7 miliardi (4,5 senza le componenti non ricorrenti) e un Cet 1 pro-forma dell’11,5%.
«La sfida redditività e produttività è il tema che si pone alla banca per il 2019», ammette il cda nella lettera ai soci per l’assemblea. «I risultati commerciali dell’anno trascorso di Banco Bpm mostrano i benefici dell’avvenuta fusione solo parzialmente nel segmento corporate e delle imprese medio-grandi - scrive ancora il cda - mentre ritardi nella crescita dei volumi e delle commissioni caratterizzano tuttora l’attività della banca negli altri segmenti».