Il Veneto delle bottiglie fa ancora da battistrada
Nell’«Indagine sul settore vinicolo» condotta da Mediobanca e pubblicata alla vigilia di Vinitaly, che considera le performance delle prime 168 società di capitali italiane del settore vinicolo fra il 2013 ed il 2017, spicca una tabella che aggrega il comportamento delle imprese territoriali. E fra i numeri più interessanti, ad esempio, si legge che il valore aggiunto pro capite, cioè realizzato dal singolo addetto, in Veneto è di 102.600 euro, su una media nazionale di 85.400 mentre il ritorno sugli investimenti dell’8,4% contro il 6,6% su base Italia. Aziende redditizie e meglio amministrate, dunque, oltre che solidi sotto il profilo patrimoniale. Tenendo sempre presente che la graduatoria per regioni è per il Veneto certamente favorita per la presenza di colossi quali Gruppo italiano vini (Giv), che da solo nel 2018 ha fatturato 388 milioni, prima in Italia seguita dalla romagnola Caviro. Nella graduatoria dei ricavi vanno poi sottolineati i 202 milioni di Zonin, i 195 di Botter, i 177 di Santa Margherita ed altri a decrescere. Senza considerare che tutte le insegne, al di là dei valori assoluti, hanno espresso crescite importanti: Soave, (+19,2%), Vignaioli Veneto Friulani (+15,9%), Ponte di Piave (+14,5%), Mionetto (+10%), senza trascurare Botter (+8,3%) e Villa Sandi (+8,2%). Il capitolo esportazioni pone poi in evidenza come ci siano società con una quota di fatturato estero pressoché totale (Botter al 95,4%) o fortemente prevalente (Zonin all’85,6%, la Marca 81,8%).