J’accuse delle imprese: «Paese in stallo»
Finco: «Conflitto permanente fra Lega e 5S insostenibile». E Brugnaro: «Ma a Roma chi governa?»
C’è chi parla dello «stallo perfetto». Chi di governo di ignavi. Fatto sta che nell’antinferno dantesco, al momento, non ci sta il governo legastellato bensì artigiani, imprenditori e persino sindacalisti. Intenti ad affilare le armi per una primavera insolitamente calda. Il cahier de
doléances è noto: infrastrutture al palo, sblocca-cantieri vuoto di contenuti, autonomia sospesa nel limbo romano,per arrivare alla fatidica goccia: l’ennesimo rinvio dei rimborsi per i risparmiatori delle ex popolari.
Nei giorni scorsi il presidente di Confindustria Verona, Michele Bauli, ricordava i 138 miliardi per le infrastrutture fermi. Ieri il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro sul Mose si chiedeva: «Chi comanda realmente? A chi devo rivolgermi? Non lo so neanche io». A chi, di fronte alla recessione che si avvicina a lunghe falcate, invoca la crisi di governo e uno giro di carte, risponde il presidente di Confartigianato Veneto Agostino Bonomo: «O c’è una crisi di governo prima delle europee oppure il governo durerà per un altro anno almeno. Poi, sui contenuti ripeto, per l’ennesima volta, che non possiamo permetterci questa continua campagna elettorale che viviamo ormai da due anni consecutivi». Il refrain è sempre lo stesso da parte del tessuto produttivo: si va avanti per slogan elettorali, vedono la luce solo provvedimenti pensati per imbonirsi una parte o l’altra dell’elettorato ma nessuno di riforme in discontinuità.
«Il clima di conflitto permanente nella maggioranza genera sfiducia nel Paese, e si riflette su imprenditori e consumatori. - ragiona Massimo Finco, presidente di Assindustria Venetocentro - Invece c’è bisogno di fiducia in un momento insidioso per l’economia italiana e la prospettiva di “crescita zero” nel 2019 (“sotto zero” per l’Ocse”). La prossima legge di Bilancio parte già in salita con 23 miliardi da trovare solo per sterilizzare l’aumento Iva. Non è più il tempo di no e di decisioni “salvo intese” che certificano lo stallo. Il decreto crescita passato in Consiglio dei ministri è un primo segnale da rendere immediatamente operativo, dal superammortamento al taglio Ires, all’Imu sui capannoni. E uno sblocca cantieri effettivo, che attivi risorse già stanziate e rimetta in moto Tav, infrastrutture e investimenti. Da soli non andiamo da nessuna parte, nella sfida del mercato globale serve più Europa».
Difficile che nel futuro prossimo delle imprese ci sia un’altra manifestazione di piazza. «L’abbiamo fatta a dicembre - conclude, amaro, Bonomo - e neppure le minoranze l’hanno cavalcata. È desolante». Il grido d’allarme echeggia nel deserto, accusano le imprese. Matteo Zoppas, al timone di Confindustria Veneto ripete una volta di più: «Siamo in recessione. L’export è una delle poche àncore di salvezza delle imprese, ma oggi rallenta anche a Nordest». Sul governo non ha dubbi Marco Michielli, presidente di Federalberghi: «Se un matrimonio non funziona, per il bene dei figli, meglio tagliare subito. Fuor di metafora, le imprese interessano i fatti, non le chiacchiere. Fino ad ora abbiamo sentito solo le seconde». Non meno agguerriti i sindacati che annunciano già una serie di scioperi nei mesi di maggio e giugno. «Esaurite le armi di distrazioni di massa - dice lapidario il segretario della Cgil Christian Ferrari - la realtà sta emergendo: ciclo economico negativo, scelte finanziaria inadeguate e provvedimenti che non sbloccano nulla rivelano una desolante mancanza di strategia per il Paese». Parla di «grande stallo» il segretario della Cisl, Gianfranco Refosco: «Nel mondo del lavoro c’è un disagio crescente. Al governo non chiediamo di staccare la spina, ma di governare. Se ne sono capaci». E sui rimborsi sfumati ai risparmiatori truffati, Sara Moretto (Pd), dice: «Con il nostro fondo e le nostre regole sarebbero già partite le prime erogazioni». Parlano di «buffonata» i due azzurri Renato Brunetta e Pierantonio Zanettin e il senatore dem Andrea Ferrazzi accusa: i risparmiatori pagano anche le spaccature fra Lega e M5S». Sulla stessa linea Alessandra Moretti, consigliere regionale Pd.