Corriere di Verona

Natasha, referti alla madre prima di scomparire

I parenti sentiti di nuovo dai carabinier­i. Ieri altre ricerche lungo l’Adige a Porto di Legnago

- Petronio

Rimane avvolta nel giallo la scomparsa di Natasha Chokobok.

«Questi sono i referti dell’ospedale. Di quando Alin mi ha picchiato. Se mi succede qualcosa portali ai carabinier­i». Natasha quelle carte le ha date a sua madre Elena. E lei nei giorni scorsi le ha portate in caserma. In realtà non ce n’era alcun bisogno. Se le erano già andate a prendere i militari della compagnia di Legnago, infilate tra le due denunce che Natasha aveva sporto contro il suo compagno. Per poi ritirarle.

Natasha Chokobok, 29 anni, è diventata evanescent­e dalla tarda sera del 9 aprile. Da quando è stata inghiottit­a dal buio del lungadige a Porto di Legnago dove abita con Alin e con la loro bambina di 6 anni. «Quando è andata a prenderla a scuola quella mattina - dice Alin - a nostra figlia ha detto che “la mamma ti vorrà sempre bene, in qualsiasi posto andrà”». Ieri la prefettura ha fatto scattare il piano di ricerca delle persone scomparse. I vigili del fuoco, i carabinier­i e i volontari della protezione civile hanno scandaglia­to la riva dell’Adige che confina con la casa da cui è scomparsa. Ma Natasha non è stata trovata. Riprendera­nno oggi, quelle ricerche. E ad aspettare c’è lui, Alin Rus, romeno 35enne, che i parenti di lei descrivono come una sorta di lupo vestito da agnello. Lavoratore indefesso, anche 14 ore al giorno a fare il saldatore. Disponibil­e e gentile. Ma anche uno che voleva avere sempre ragione. E che racconta candidamen­te che sì, «qualche schiaffo c’è stato, ma pugni mai». Come se ci fosse differenza. Possessivo, tanto da controllar­e il cellulare di Natasha. «E abbiamo scoperto che negli ultimi giorni lo usava lui, per fare telefonate a vuoto in Ucraina, Moldavia, Polonia. Come se volesse preparare delle tracce». Quelle che vorrebbero far imboccare la strada di una fuga volontaria di Natasha. Avevano litigato, lei e Alin quel giorno. Natasha era andata dalla parrucchie­ra, lui l’aveva chiamata e lei non ha risposto. «Abbiamo solo urlato - racconta Alin - e poi ci siamo messi a letto con la piccola in mezzo. A un certo punto Natasha ha guardato il telefono, si è rivestita e ha detto che andava a buttare le immondizie della plastica». Quel sacchetto che lo stesso Alin ha ritrovato a fianco della porta di casa quando è andata a cercarla. «Una cosa che non sta in piedi...», dice lo zio di quella ragazza che sbarcava il lunario lavorando come colf e che pochi giorni fa aveva mandato un pacco di uova di Pasqua nel suo paese d’origine, l’Ucraina, per i bambini orfani.

«La raccolta della plastica sarebbe stata dopo due giorni. Natasha non aveva motivo di andare a buttarla proprio quella sera». Senza chiavi di casa, senza portarsi via il cellulare. Che adesso, con il computer, è in mano ai carabinier­i. Natasha che uscendo di casa è stata sicurament­e ripresa dalle telecamere dello studio veterinari­o che si trova al piano terra dello stabile in cui abita. Telecamere che però non registrano. «Il giorno dopo la scomparsa Alin è venuto da me dicendomi che Natasha se n’era andata e chiedendom­i se poteva vedere le riprese per capire che direzione avesse preso», racconta il dottor Giorgio Calegaro che è anche il padrone di casa della coppia. «Lui non sapeva che quelle telecamere funzionano ma non hanno memoria». Quel veterinari­o che li conosceva da sette anni, da quando erano andati a vivere insieme. «Sapevo - dice - che c’erano problemi, ma io che ho lo studio sotto il loro appartamen­to non ho mai sentito alzare la voce». Però... «una volta lei è stata per 15 giorni senza mai togliersi gli occhiali da sole. E un’altra l’ho vista camminare svagata sul lungadige. Mi ha detto che si sentiva strana, che si era persa. E che poco dopo l’avevano portata in ospedale». Eppure tutti attorno a quella casa raccontano di una donna serena.

«È gentile, scambia volentieri due parole. Niente che potesse far pensare che qualcosa non andava». E dal panettiere ci andava spesso anche con Alin. «Oggi i carabinier­i mi hanno telefonato e mi hanno chiesto se Natasha fumava. Gli ho detto di no», diceva lui ieri. Probabilme­nte una donna che le assomiglia­va è stata ripresa da una delle 80 telecamere che si stanno controllan­do. Ma non era lei. Sempre ieri gli stessi militari hanno richiamato in caserma la mamma di Natasha e la zia Veronica. «Noi non vogliamo accusare Alin dicono -, ma lui dà troppe versioni diverse...». Per la procura quella di Natasha rimane un «allontanam­ento volontario». Formula che sfocia in ogni direzione. Che se ne sia andata da quel compagno violento, magari d’accordo con qualcuno che è andato a prenderla. Che sia tornata su quel lungadige, questa volta sparendo nell’acqua. Che sia stata uccisa. «Lei la sua bambina non l’avrebbe mai lasciata», dice la mamma. Che non crede a quell’addio che Natasha avrebbe sussurrato a sua figlia fuori da scuola.

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(Foto Sartori) Svanita nel nulla La casa di Lungadige Scrami a Porto di Legnago da cui è scomparsa Natasha Alin Rus
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Scomparsa Natasha Chokobok

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