L’artista del ferro nel cuore della Carega
MAGO DEL FERRO ALLA CAREGA
In Corte San Mamaso l’età del ferro vive anche nel terzo millennio grazie a Franco Ceoletta, fabbro di professione che l’arte di lavorare il ferro l’ha appresa dal padre.
Una mattina di aprile t’incunei tra le viuzze del rione Carega e scopri che in Corte San Mamaso, laddove sorgeva l’omonima chiesa, l’età del ferro vive anche nel terzo millennio. Storie di artigiani e di mestieri che resistono alle legioni del tempo grazie alla passione e al vigore di famiglie che si passano il testimone di generazione in generazione. È un po’ questo il ritratto di Franco Ceoletta, fabbro di professione che l’arte di lavorare il ferro l’ha appresa dal padre e ora la condivide con figlio, moglie e cognato. Memoria di una Verona che era, e che per fortuna ancora è. Bel tipo lo scapigliato Franco, capace con le sue mani d’oro di forgiare riccioli a una barra di ferro; uno dopo l’altro in sapiente e paziente sequenza fino a intrecciarsi e ordinarsi in ringhiera. Questo è infatti quello che fa ogni giorno partendo col suo camioncino,
o in bicicletta quando le richieste d’intervento arrivano dal centro storico, a sistemare inferriate, serrature, cancelli e così via. Terzogenito, Franco nasce a Quinzano, dove tuttora risiede, il giorno di Santo Stefano del 1960. Papà Renato insieme all’amico Luigi Lugoboni manda avanti l’officina in cui è entrato nel 1944: «Il proprietario non aveva figli e quando si ritirò decise di lasciarla al suo ragazzo di bottega» racconta. Mamma Maria è casalinga, e ha il suo bel daffare con quel monello irrequieto cui i libri di scuola fanno venire l’orticaria. Con lo «scianco» non ci si guadagna il pane, così Franco va ad affiancare il padre: «Era ciò che desideravo fare. Mi piaceva il lavoro di mio papà. Tra i miei primi lavori ricordo i ferri da cavallo. Erano altri tempi. La Carega era allora un quartiere popolare, che pullulava di artigiani e osterie. C’era persino il bordello, che rimase aperto fino all’emanazione delle Legge Merlin. Negli anni ‘80 con le ristrutturazioni gli affitti si fecero insostenibili, il rione divenne residenziale di pregio e molti furono costretti ad andarsene altrove. Oggi di artigiani, ne sono rimasti pochi, ma lo spirito verace della Carega vive grazie alle iniziative del comitato del Carnevale. E poi c’è il Verona: qui nella nostra officina, nei primi anni settanta è nato anche il Calcio Club Carega, il più vecchio del centro storico».
Un lavoro di qua, uno di là: tutto a forgia e martello. La mano qui è religione: «Abbiamo fatti lavori per la Cassa di Risparmio, il Comune di Verona; i corrimani dell’Arena li abbiamo fatti noi. Ogni tanto qualche guaio capitava pure». Tipo? «Un giorno stavo lavorando alle saldature in un palazzo in piazza Dante. Le scintille s’infilarono nella canna fumaria di una pizzeria sottostante provocando un principio d’incendio, prontamente spento dall’intervento dei pompieri. “Ceoletta! Te sì come Nerone. Vuto darghe fogo a Verona?” mi dissero». A Quinzano Franco incrocia Claudia che nel 1988 porta all’altare. Nascono Alessandro e Andrea: «Alessandro si è diplomato perito meccanico specializzato in saldocarpenteria: da dodici anni lavora qui con me, insieme a mia moglie Claudia che tiene in ordine i conti». Dal 1987 della squadra fa parte anche il fratello di Claudia, Roberto, una colonna portante: «Mio papà Renato capì subito che era bravo e lo volle qui con noi». Ed è così che la storia di famiglia si forgia (il termine ci pare quanto mai azzeccato) ancora di più. C’è spazio per incontri e piacevoli ricordi di figure che un segno lo lasciano: «Quando mi presentavo la mattina presto in casa del dottor Giorgio Zanotto, lui mi faceva entrare in cucina e ci facevamo una scodella di caffelatte con una bella rosetta di pane. Mi trattava come un figlio. E che dire dell’avvocato Luciana Gaspari, nella cui casa sulle Torricelle lavorammo al Museo del Giocattolo. Una donna straordinaria». I tempi cambiano e lo si avverte dalle richieste dei clienti: «La sicurezza delle abitazioni è sempre più in cima alla lista delle esigenze: ce ne accorgiamo dal numero sempre maggiore di inferriate che produciamo. In passato non sono mancate però - aggiunge anche richieste piuttosto stravaganti».
Ce ne dica almeno una. «Una vecchietta veniva qui con un baccalà intero e ci chiedeva di segarglielo in tre pezzi. La scena si ripeteva regolarmente di settimana in settimana». Questa è davvero buona. Franco si gode il suo lavoro, la sua famiglia: «Essere tutti qui è motivo di orgoglio e soddisfazione. Amo questo lavoro. E poi quando ho la possibilità di vedere Verona dall’alto, provo un’emozione unica».