Mazzatenta: così sono diventato il signor Cotoletta
La prima, alla trattoria alla Colonna, la cucinò per caso nel ‘97 perché il cuoco era infortunato «Mi venne fuori gigante»: quel formato extra-large è diventato il suo (fortunato) marchio di fabbrica
Lui è Paolo Mazzatenta e fa il ristoratore. Così non dice però nulla. Ma se lui è anche Mr Cotoletta allora la storiella frigge in padella. È dicembre del 1997 alla Trattoria alla Colonna sembra una serata come le altre, e invece non lo è. Gabriele, il cuoco, si è fratturato un piede ed è al Pronto Soccorso; in cucina va Paolo: «Arrivarono gli amici della compagnia del Bar G&G di Via Fama – racconta -, ordinarono dal menù. Lo sconquasso lo creò un altro amico, “Il Matita” (aveva una cartoleria a San Nazaro): “Vorrei una bella cotoletta” disse. Non ne avevo mai fatta una in vita mia. Mi misi al lavoro, ne venne fuori una forma gigantesca. “Devo aver sbagliato qualcosa – pensai -. E ora dove caspita la friggo?”. “Nella teglia delle lasagne” suggerì mio fratello Andrea ancora incredulo davanti a quella bistecca jurassica. Quando la servimmo a Matita fu un trionfo. La combriccola del
G&G cambiò ordinazione e svoltò sulla cotoletta. E così da quella sera io divenni per tutti Paolo Cotoletta».
Proprio vero che storie più belle nascono spesso per caso. Fine anni ’50: papà Gabriele è un poliziotto di origini abruzzesi in servizio alla prefettura di Verona, a un paio d’isolati da mamma Angelina, di San Zeno di Montagna, che dà una mano all’Osteria al Paesan, trattoria di famiglia. L’anello nuziale se lo son scambiati nel 1961. Un anno dopo nasce Paolo; nel 1965 viene al mondo Andrea. Abitano in Via Vitruvio allo Stadio, ed è in quelle strade che Paolo cresce e si svezza. Il Bentegodi, la casa dell’Hellas Verona, è lì a due passi: «Ricordo il leggendario 5-3 sul Milan il 20 maggio del 1973, quando il Verona scucì dal petto la stella a Rivera e compagni. Per noi fu un’impresa incedibile, per loro una tragedia. Avevo dodici anni, a fine partita ebbi la bella idea di prendermi sberleffo dei milanisti; non la presero bene e fuggii pedalando a tutta velocità sulla mia Graziella fino a San Massimo». A scuola Paolo regala risate ai compagni classe, meno ai suoi genitori: «Una volta mi presentai in classe in giacca e cravatta, simulavo una supplenza. Diciamo che mi piaceva fare del cabaret», sorride. Diplomatosi in Ragioneria, entra in Polizia alla Scuola Alpina di Moena: «Amo la montagna e lo sci. Facevo soccorso alpino. Mi avessero tenuto lì, sarei rimasto in Polizia, ma le cose andarono diversamente e io a fare il poliziotto non mi ci vedevo».
Rientrato a Verona, Paolo si guarda intorno, sogna di aprire una birreria, fa la stagione estiva ai ristoranti del Lago. È fine 1987 quando lo chiama suo fratello Andrea: «Era il cuoco alla Colonna. Il proprietario si era ammalato e cedeva l’attività. Andrea mi propose di rilevarla insieme a lui. Non esitai un secondo. Lui stava in cucina, io in sala con mia madre e mio padre al banco bar: cucina casalinga, menù a prezzo fisso, tanti militari». Vanno avanti una decina d’anni, poi le cose cambiano: «Nel 1996 i reggimenti furono sostituiti dai Car, i Centri Addestramento Reclute. Perdemmo un sacco di lavoro. Dovevamo inventarci qualcosa. Una sera era quasi mezzanotte, quando bussarono alla porta: “Fate ancora da mangiare?”. “Ma prego, accomodatevi”. Capimmo che tenere aperta la cucina fino a tardi era un’opportunità da sfruttare. E così ripartimmo. L’altra svolta fu la sera che mi venne fuori quella cotoletta gigante. La inserimmo in menù. Oggi abbiamo due ristoranti (L’Altra Colonna aperta nel 2010, ndr) la serviamo in tre misure e la consegniamo anche a casa. La famiglia è tutta qui: mamma, fratelli, cognate e cugine. Il futuro è al sicuro».
La vicinanza al Teatro Nuovo porta clienti particolari: «Gino Bramieri, Cochi e Renato, Mario Carotenuto e Nino Manfredi, che a quel tempo faceva la pubblicità di una nota casa di caffè. Mia madre, quando a fine cena gliene servì una tazzina, gli disse ridendo “Non so se è quello giusto...”. “E vabbè – fece lui -. Te fanno magnà, te fanno pagà, e poi je fai pure l’autografo…!”. Risate in sala». Altra presenza fissa, non solo sulle pareti tappezzate di cimeli gialloblù, è l’Hellas Verona: «Qui “Ciccio” Mascetti festeggiò i settant’anni coi suoi compagni di squadra». Paolo, che pure è un buon ciclista, ci dà allora appuntamento al 4 agosto: «È il Graziella Day. Siamo una quarantina, partenza da Verona e arrivo a San Zeno di Montagna. Io in Graziella, gli altri in bici da corsa. È un rito che si compie dal 2013 ogni volta che il Verona è promosso o si salva». Ma perché proprio a San Zeno? «Beh sa com’è…li andava in ritiro il Chievo, e allora c’è più gusto…!».