Quota 100, l’allarme dei Comuni
L’uscita dal mondo del lavoro di numerosi dipendenti pubblici crea conseguenze di ricambio nei Municipi L’Anci parla di incubo turnover: «Situazione gravissima, sei mesi per un concorso»
Primi bilanci di Quota 100 nel settore pubblico: l’allarme arriva dai Comuni veneti già in sofferenza per i tagli progressivi agli organici. Degli 11.500 pensionamenti agevolati almeno una metà riguarda dipendenti pubblici I Comuni denunciano da tempo la carenza d’organico causata dei vincoli alla spesa pubblica che pesa soprattutto sulle amministrazioni più virtuose. Il Veneto ha il rapporto più basso in Italia fra popolazione e numero di amministrativi
Task force da altri settori del municipio per andare in aiuto dell’ufficio anagrafe che a fine anno proprio non ce la fa e avvicinamento fisico delle «unità operative comunali» per risparmiare il tempo fisico con cui una pratica si sposta da una stanza all’altra. A Vittorio Veneto la ricetta del neo sindaco di estrazione leghista è l’amministrazione «creativa» per parare il colpo degli organici comunali in profondo rosso. «È una condizione ineluttabile del mio mestiere - sospira Toni Miatto - e per il resto tocca votarsi a Santa Rita». La santa evocata da generazioni di fanciulle in cerca di marito viene tirata in ballo per una missione impossibile di altro genere: erogare i servizi essenziali ai propri cittadini a dispetto di piante organiche sotto la soglia di sopravvivenza e con la mannaia di Quota 100 a dare il colpo di grazia. La stima, al ribasso, è che di media i Comuni veneti sia «sotto» di un 20%. E nei piccoli Comuni con dieci dipendenti, due dipendenti in meno pesano come macigni.
La presidente di Anci Veneto, Maria Rosa Pavanello, perde l’aplomb che le è proprio e sbotta: «Lo diciamo da mesi: Quota 100 ha un impatto pesantissimo sui Comuni veneti. Lo scriva, gravissimo in una situazione già d’emergenza». Eppure i numeri non sembrerebbero disastrosi - cinquemila pensionamenti circa ma la macchina amministrativa degli enti locali era già allo stremo. «Gli ultimi sei, sette anni - spiega Pavanello - sono stati uno stillicidio continuo con norme sempre più vessatorie verso i Comuni, i primi ad andare in sofferenza sono stati naturalmente i più piccoli ma ormai, da Vittorio Veneto a Montebelluna, i problemi e le emergenze sono uguali per tutti». La presidente dell’Anci rammenta che nella classifica nazionale, quanto al rapporto fra numero di dipendenti comunali e numero di abitanti, il Veneto è buon’ultimo. La causa è la nota questione dei budget blindati in base alla spesa degli ultimi anni. Insomma, i virtuosi Comuni veneti, complice anche il blocco totale del turnover (recentemente rimosso proprio contestualmente a Quota 100), si ritrova allo stremo. Il paradigma dell’agonia degli enti locali veneti è, paradossalmente, nella madrepatria della Lega: la Marca trevigiana. I 94 Comuni in cui il Carroccio ha percentuali bulgare hanno un rapporto popolazione-dipendenti pubblici ancor più basso della già bassa media veneta. La loro «colpa» è di aver razionalizzato, ottimizzato e in buona sostanza limato gli organici prima dell’introduzione dei vincoli di bilancio sulla spesa storica ritrovandosi confinati in margini risicati all’inverosimile. Al punto che il Centro studi dell’Associazione dei Comuni della Marca va in aiuto dei municipi erogando servizi che altrimenti salterebbero tout court.
Il caso esplode proprio nei giorni in cui «partono», per dirla con Toni Miatto, i primi pensionati Quota 100 che hanno come ultimo giorno di lavoro il 31 luglio. La legge consente di sostituirli a partire dal giorno dopo e nella lista delle doglianze dei primi cittadini c’è anche l’impossibilità di un affiancamento per il trasferimento di competenze. L’altro grande problema sono i tempi per poter assumere qualcuno. Con l’ultima legge di bilancio si è dato un colpo di spugna sulle graduatorie di idonei prorogate anche fino a dieci anni. «Si è passati all’estremo opposto - commenta il direttore di Anci e Upi Veneto, Carlo Rapicavoli - ora spariscono le graduatorie, per ogni posto vacante serve un nuovo concorso». Tempi e costi che si dilatano. Anci ha ottenuto (ma si attendono i decreti attuativi del decreto Concretezza entrato in vigore lo scorso 7 luglio) che le verifiche per la mobilità obbligatoria scendano da 60 a 45 giorni e che quelle per la mobilità volontaria diventino facoltative. «Ma non basta - attacca Pavanello - per sostituire un dipendente ormai necessariamente inquadrato solo con un tempo indeterminato servono almeno sei mesi. A questo si aggiunge la fatica a trovare persone con competenze adatte vista la complessità del carico normativo crescente. Dovremmo pensare a percorsi di formazione ad hoc».
Tempi lunghi La procedura per un concorso in Comune dura, di media, almeno sei mesi