Dopo il crac milionario chiesto il processo per 16
La bancarotta fraudolenta dopo l’associazione a delinquere: si allarga il caso Sicurint
Nel 2015 dava lavoro a oltre duemila dipendenti. Ma l’avventura di «Sicurint Group Scarl» di Michele Lodi è poi naufragata sotto il peso di un fallimento milionario. Il caso è subito diventato di interesse giudiziario e ora le indagini si stanno ulteriormente estendendo con nuove accuse. Dopo una prima inchiesta, emerge infatti la novità che ne è stata aperta anche una seconda, stavolta per una bancarotta fraudolenta a sei zeri. Questo fascicolo-bis non si è ancora concluso e le indagini risultano in corso. Nel frattempo sono scattate 16 richieste di rinvio a giudizio per «associazione a delinquere finalizzata - stando alle conclusioni tratte al termine della prima inchiesta dal pm Marco Zenatelli - a commettere reati finanziari»: 44, nello specifico, gli illeciti finanziari per cui, all’udienza preliminare calendarizzata a ottobre davanti al gup Giuliana Franciosi, rischiano il processo lo stesso «Lodi, quale promotore e reale dominus di Sicurint Group» e gli altri 15 imputati. Si tratta di Emanuele Bettini, Federico Bosi, Isabella Darra, Giorgio Zantedeschi, Gianluigi Campagnari, Aldo Dian, Roberti Istavan Fogarasi, Vincenzo Gallo, Diana Hariuc, Annamaria Mazzetto, Jacopo Pecci , Gianluca Roversi, Imputato Michele Lodi era a capo di Sicurint Group Scarl
Nicola Smaldino, Massimiliano Spataro, Francesco Giovani Testa. Per la Procura, si sarebbe trattato di un presunto «sodalizio criminoso» in grado di commettere «evasioni d’imposta e distrazioni fallimentari» in serie. Il modus agendi di cui le 16 persone sotto accusa risponderanno tra qualche settimana in aula, sarebbe
consistito in particolare nell’utilizzare «strumentalmente cooperative logistiche “spurie” (cosiddette “apri e chiudi”), tutte consorziate con Sicurint Group, al fine di riversare sulle stesse i debiti d’imposta e contributivi di cui veniva - si legge nell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare - sistematicamente omesso il
Nel 2015 Prima del naufragio aziendale, il gruppo contava su un organico di oltre duemila lavoratori
versamento». E non finita. In base alla tesi avvalorata dal pm Zenatelli, «Sicurint Group assumeva lavori in appalto presentando Durc di regolarità sulla base del solo (proprio) personale impiegatizio che assicurava regolarmente mentre i lavori venivano subappaltati alle cooperative consorziate con “lettera di incarico” formalmente amministrate da prestanomi, ma in realtà sostanzialmente controllate da Sicurint Group e in particolare da Lodi, cooperative che utilizzavano quasi sempre gli stessi lavoratori che migravano da una cooperativa all’altra lasciando situazioni debitorie dal punto di vista fiscale e contributivo». Sede in via del Parlar, Sicurint Group si autodefiniva come «la realtà scaligera che fornisce ad aziende e privati servizi di sicurezza generale, vigilanza, logistica, trasporti ed igienizzazione». Disponeva di filiali a Padova e Bologna, si occupava di una serie di servizi: seguiva trasporti espressi, servizi industriali, messaggerie, facchinaggio e consulenza. «Soltanto così», spiegava il presidente Lodi, «si possono ottenere grandi risultati». Un ottimismo mai come adesso così lontano.
Si è conclusa con 16 richieste di rinvio a giudizio la prima inchiesta sul caso di Sicurint Group scarl: per ottobre è stata fissata l’udienza preliminare in cui gli imputati, a partire dal presunto «promotore» Michele Lodi, rischiano il processo per associazione a delinquere
Intanto emerge la novità di una seconda inchiesta, stavolta per bancarotta fraudolenta