Corriere di Verona

Bpvi, il panico dopo l’uscita delle baciate «Se facciamo verifiche finiamo a casa»

L’ex capo del legale: «Ero sconvolta». Insolvenza, Zonin va in Cassazione

- Benedetta Centin

Il capo dell’ufficio legale della banca che si rifiuta di «legittimar­e» le «baciate». E la società di revisione che incalza, perché in ballo c’è la certificaz­ione del bilancio. E lo scontro con i top manager, sull’avvio di un’attività di revisione interna. Con l’ex vice direttore generale, Andrea Piazzetta, che avrebbe risposto alla dipendente: «Sei matta? Se facciamo l’audit andiamo tutti a casa». E il direttore generale, Samuele Sorato, che, a distanza di qualche settimana, avrebbe confidato alla profession­ista: «Mi ha fatto un pasticcio Emanuele Giustini (il vicedirett­ore). Voglio mandarlo via». Processo per il crac Bpvi tornato ieri in aula dopo la pausa estiva, a Vicenza e non più a Mestre.

Unica a sfilare sul banco dei testimoni, sentita per tre ore e mezza, Anna Papacchini, già a capo della direzione affari legali. L’avvocato, dipendente fino a marzo 2016, rispondend­o al pm Gianni Pipeschi, ha spiegato come avesse saputo dell’esistenza delle baciate «solo a marzo 2015». Quando la società di revisione Kpmg aveva chiesto un parere favorevole della direzione legale su 17 operazioni. «Io quel parere non lo avrei mai rilasciato: eravamo in violazione piena - ha sostenuto Papacchini -. Sorato sosteneva che quelle linee di credito con acquisto di azioni erano state date con merito creditizio, che non c’erano problemi e che Giustini me lo poteva giustifica­re».

Lei, dalla prima riunione a Milano sul tema esce scioccata. «Ero sconvolta, capii che c’era qualcosa che non andava. Anche Massimilia­no Pellegrini (dirigente della banca) che mi aveva chiamato per dare il parere a Kpmg mi era apparso agitato al telefono». È la vigilia del caos, con l’assemblea dei soci che fa scendere il valore delle azioni da 62,5 a 48 euro. Papacchini insiste perché la banca faccia approfondi­menti interni. Seguono altre riunioni, a Vicenza, e dal manager Claudio Giacon emergono le lettere di riacquisto. «Sono rimasta senza parole: un’azione con la lettera di garanzia diventa alla stregua di un’obbligazio­ne» ha detto la teste. Che riferisce anche dell’incontro con l’ex presidente Gianni Zonin (che intanto si prepara a far ricorso in Cassazione sulla sentenza d’appello che conferma l’insolvenza, aprendo le porte al reato di bancarotta) : «Ci tenevo sapesse di quel caos e che la nostra struttura non aveva alcuna responsabi­lità». Ma le baciate erano emerse già nel 2012. «Casi isolati» chiosa la testimone, al cui ufficio l’anno dopo era pervenuta la lettera del dipendente che si rifiutava di effettuare quelle operazioni.

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