Strage, la rabbia dei parenti «Offerti risarcimenti beffa»
«Dalle compagnie ungheresi offerte-beffa» per i 17 morti in A4. Appello al ministro Bonafede
VERONA«Risarcimenti-beffa» dalle compagnie assicurative ungheresi per le 17 vittime della strage sul bus di studenti in A4. «Ci sono stati propo- sti per l’esattezza 3.006 euro a testa», denunciano le famiglie, costituite parte civile nel procedimento tuttora ancorato alla fase preliminare.
«Risarcimenti-beffa» dalle compagnie assicurative ungheresi per le 17 vittime della strage sul bus di studenti in A4. «Ci sono stati proposti per l’esattezza 3.006 euro a testa - denunciano le famiglie, costituite parte civile nel procedimento in corso ormai da mesi davanti al giudice Luciano Gorra e tuttora ancorato alla fase preliminare delle eccezioni -. È una cifra che ci sconvolge, perché é vero che la nostra battaglia non è per i soldi ma per ottenere verità e giustizia. Però è altrettanto vero che le vite dei nostri ragazzi morti in quell’incidente tremendo non valevano certo tremila euro appena...». Una vera miseria, «offrendoci risarcimenti del genere è come se ce li avessero uccisi di nuovo, è un’altra ferita gravissima». Un dolore insanabile, uno strazio che attende «ancora di avere risposte ai tanti, troppi interrogativi aperti».
Tanto che ieri, reduci da una nuova udienza (ancora una volta interlocutoria) a palazzo di giustizia, i genitori giunti appositamente da Bucarest hanno convocato la stampa per «gridare allo scandalo». A spalleggiarli, l’associazione Vittime della strada con il presidente Alberto Pallotti, l’avvocato Davide Tirozzi e alcuni attivisti. Ma taccuini e «Giustizia per i nostri cari» Endre, Ladzo (con il figlio stampato sulla T-shirt) e gli altri parenti ungheresi con l’associazione Vittime della strada(Fotoland) telecamere erano soprattutto per Endre e Ladzo, due papà lacerati dalla perdita dei loro figli adolescenti che quella «notte maledetta», insieme ai compagni di scuola, stavano rientrando a casa dalle famiglie dopo una settimana bianca in Francia. A Budapest, purtroppo, 17 di loro (per la maggior parte studenti) non sarebbero mai tornati: la notte del 20 gennaio 2017, all’altezza del casello di Verona Est, il pullman su cui viaggiavano, dopo aver sbandato e sbattuto contro le barriere, ritornò in carreggiata schiantandosi contro uno dei piloni del cavalcavia autostradale, prima di prendere fuoco. Un inferno, uno scenario «da apocalisse, mai visto niente di simile, abbiamo perso i nostri affetti più cari e all’inizio in Italia ci avete aiutato in tanti e di questo vi siamo ancora riconoscenti. Adesso però ci sentiamo lasciati soli» dichiarano Endre e Ladzo. La loro è una protesta civile e garbata ma convinta: «Non capiamo perché l’Italia non combatta insieme a noi per conoscere cause e responsabilità in merito a un incidente tanto grave. Anche oggi (ieri, ndr) il processo è stato rinviato, stavolta addirittura al 24 gennaio 2020, quando sarà da poco passato il terzo anniversario da quell’immane tragedia. È incredibile che le udienze siano tuttora ferme alla fase preliminare, che la verità sia tanto lontana, troppo». Per non parlare della «beffarisarcimenti»: due famiglie hanno accettato in via extragiudiziale 3.006 euro a testa dalle compagnie assicurative ungheresi e ieri in udienza dai responsabili civili (che rischiano in caso di condanna di dover risarcire i parenti delle vittime) è stata chiesta «l’estromissione dalle parti civili di coloro che hanno accettato quella somma». Un’istanza che è stata già rigettata dal giudice «dovendosi ritenere che la liquidazione del danno presupponga l’utilizzo delle tabelle italiane e che le somme erogate ad alcune parti civili siano da ritenere come semplice acconto». Dopodiché in aula sono state depositate da tutti i fronti - pm, imputati e parti civili - voluminose consulenze tecniche di parte: per dare modo alle parti di esaminarle, è scattato quindi il rinvio a gennaio. Tutto questo, mentre il presunto autista del bus Janos Varga, principale imputato,sarebbe intenzionato a difendersi dicendo che si trovava alla guida al momento dello schianto, mentre il ministro alla Giustizia Bonafede ha avviato accertamenti sui tempi del procedimento. E i parenti: «Ci appelliamo a lui».