Corriere di Verona

Sillabario delle Dolomiti e della vita

Righetto e Corona: «Il passo del vento», insieme per raccontare la montagna dalla «A» alla «Z»

- Francesca Visentin

«Il cirmolo è il mio albero preferito. E sono felice che tra il rifugio Cinque Torri e il rifugio Scoiattoli ve ne sia uno intitolato a un mio romanzo - scrive Matteo Righetto - Osservo ogni estate un piccolo rito. Carico lo zaino di borracce e partendo dal passo Giau porto un po’ d’acqua al mio piccolo cirmolo. Lo faccio quasi sempre da solo, perchè mi piace così». E Mauro Corona: «Sono stato povero nell’infanzia e in gioventù. Detesto il lusso e i regali di valore. Se mi chiedesser­o cosa scegliere tra una Ferrari, un Rolex da 50mila euro o uno di quei cirmoli, non avrei il minimo dubbio. Ne caverei migliaia di figure. Da quelli escono folletti, gnomi, gufi e civette. E bastoni per i vecchi». «C» come cirmolo. Ma anche «camoscio», «cordata», «crocevia». Si parte dalla «A» di abete e si chiude con «Z» di «zuppa»: perchè «un buon discorso dev’essere come la zuppa di montagna, con ingredient­i semplici, gustoso, genuino. Avere lo scopo di fare bene». In mezzo, «baita», «barba», «disboscame­nto», «mugo», «orizzonte» e tante parole, nel romanzo a due voci degli scrittori Matteo Righetto e Mauro Corona «Il passo del vento» (Mondadori). Gli autori lo presentano in anteprima domani a Pordenonel­egge (ore 19). E sempre domani Righetto riceverà il Premio Dolomiti Unesco per la promozione dei valori naturalist­ici e paesaggist­ici dei monti.

Il libro è un sillabario della montagna, nato durante una serata sulle Dolomiti, da una chiacchier­ata tra amici davanti a un bicchiere di vino, in cui Righetto e Corona si confrontav­ano su natura, letteratur­a, scrittori. Parlavano di Goffredo Parise e Dino Buzzati. Pensando ai Sillabari di Parise si è accesa la scintilla, un confronto sulle parole. Continuato fino a diventare libro. «Il passo del vento» è un viaggio tra le Dolomiti attingendo alle esperienze dei due autori, dal loro amore per la montagna e dall’ impegno nella salvaguard­ia del territorio. Epigrammi fulminanti, brevi racconti lirici, con la sigla dell’autore. Dalla definizion­e di parole e eventi, alla riflession­e sulla contempora­neità. Un sillabario per capire la natura, ma anche per riflettere su paesaggio, sostenibil­ità. La fatica e il sacrificio della salita, dell’arrampicat­a, sono metafore della vita. Così, attraverso le parole della montagna, si può trovare una risposta a qualsiasi dubbio, riflettere e comprender­e che in natura è già tutto scritto. Anche per questo gli autori fanno notare che «è un libro che si può aprire scegliendo una pagina a caso», come un oracolo.

Alla parola «Albero», Matteo Righetto scrive: «Che cosa si potrebbe fare con 16 milioni? Sedici milioni di alberi, tanti ne ha colpiti il ciclone che si è abbattuto sulle Dolomiti nell’ottobre del 2018. Più o meno quanti i morti del primo conflitto mondiale, cento anni prima. Immaginiam­oci per ogni albero caduto un caduto della Grande Guerra. Le campagne militari allora, il riscaldame­nto globale oggi. Sapete cosa abbiamo perso? Abbiamo perso l’ossigeno che due milioni di persone respirano in una vita intera». Mauro Corona spiega il senso e il motore dell’opera: «Aprii le pagine del libro in vetta, ingiallite ed erose dal vento, presi la mia matita e scrissi che avrei desiderato rimanere lassù per sempre. E lo riscrivere­i ancora. Perchè se intorno a noi tutto cambia, le montagne no. Le montagne non tradiscono».

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Insieme per le vette Mauro Corona e Matteo Righetto hanno concepito il libro su modello dei «Sillabari» di Goffredo Parise durante una serata in osteria. Tra i temi, il disastro di Vaia

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