Sillabario delle Dolomiti e della vita
Righetto e Corona: «Il passo del vento», insieme per raccontare la montagna dalla «A» alla «Z»
«Il cirmolo è il mio albero preferito. E sono felice che tra il rifugio Cinque Torri e il rifugio Scoiattoli ve ne sia uno intitolato a un mio romanzo - scrive Matteo Righetto - Osservo ogni estate un piccolo rito. Carico lo zaino di borracce e partendo dal passo Giau porto un po’ d’acqua al mio piccolo cirmolo. Lo faccio quasi sempre da solo, perchè mi piace così». E Mauro Corona: «Sono stato povero nell’infanzia e in gioventù. Detesto il lusso e i regali di valore. Se mi chiedessero cosa scegliere tra una Ferrari, un Rolex da 50mila euro o uno di quei cirmoli, non avrei il minimo dubbio. Ne caverei migliaia di figure. Da quelli escono folletti, gnomi, gufi e civette. E bastoni per i vecchi». «C» come cirmolo. Ma anche «camoscio», «cordata», «crocevia». Si parte dalla «A» di abete e si chiude con «Z» di «zuppa»: perchè «un buon discorso dev’essere come la zuppa di montagna, con ingredienti semplici, gustoso, genuino. Avere lo scopo di fare bene». In mezzo, «baita», «barba», «disboscamento», «mugo», «orizzonte» e tante parole, nel romanzo a due voci degli scrittori Matteo Righetto e Mauro Corona «Il passo del vento» (Mondadori). Gli autori lo presentano in anteprima domani a Pordenonelegge (ore 19). E sempre domani Righetto riceverà il Premio Dolomiti Unesco per la promozione dei valori naturalistici e paesaggistici dei monti.
Il libro è un sillabario della montagna, nato durante una serata sulle Dolomiti, da una chiacchierata tra amici davanti a un bicchiere di vino, in cui Righetto e Corona si confrontavano su natura, letteratura, scrittori. Parlavano di Goffredo Parise e Dino Buzzati. Pensando ai Sillabari di Parise si è accesa la scintilla, un confronto sulle parole. Continuato fino a diventare libro. «Il passo del vento» è un viaggio tra le Dolomiti attingendo alle esperienze dei due autori, dal loro amore per la montagna e dall’ impegno nella salvaguardia del territorio. Epigrammi fulminanti, brevi racconti lirici, con la sigla dell’autore. Dalla definizione di parole e eventi, alla riflessione sulla contemporaneità. Un sillabario per capire la natura, ma anche per riflettere su paesaggio, sostenibilità. La fatica e il sacrificio della salita, dell’arrampicata, sono metafore della vita. Così, attraverso le parole della montagna, si può trovare una risposta a qualsiasi dubbio, riflettere e comprendere che in natura è già tutto scritto. Anche per questo gli autori fanno notare che «è un libro che si può aprire scegliendo una pagina a caso», come un oracolo.
Alla parola «Albero», Matteo Righetto scrive: «Che cosa si potrebbe fare con 16 milioni? Sedici milioni di alberi, tanti ne ha colpiti il ciclone che si è abbattuto sulle Dolomiti nell’ottobre del 2018. Più o meno quanti i morti del primo conflitto mondiale, cento anni prima. Immaginiamoci per ogni albero caduto un caduto della Grande Guerra. Le campagne militari allora, il riscaldamento globale oggi. Sapete cosa abbiamo perso? Abbiamo perso l’ossigeno che due milioni di persone respirano in una vita intera». Mauro Corona spiega il senso e il motore dell’opera: «Aprii le pagine del libro in vetta, ingiallite ed erose dal vento, presi la mia matita e scrissi che avrei desiderato rimanere lassù per sempre. E lo riscriverei ancora. Perchè se intorno a noi tutto cambia, le montagne no. Le montagne non tradiscono».