Sesso con l’allieva di quindici anni, istruttore radiato
Pugno di ferro del Tribunale federale sport equestri. La vittima: «Mi manipolò»
Stando alle accuse aveva intrecciato una relazione a base di sesso con un’allieva di appena 15 anni. Senza farsi alcuno scrupolo per la giovanissima e certamente prematura età di lei, stando alle imputazioni era andato a conviverci dopo aver lasciato la moglie.Un comportamento che ha indotto ora il Tribunale federale a infliggere la radiazione all’istruttore veronese.
Stando alle accuse aveva intrecciato una relazione a base di sesso con un’allieva di appena 15 anni. Senza farsi alcuno scrupolo per la giovanissima e certamente prematura età di lei, stando alle imputazioni era andato addirittura a conviverci dopo aver lasciato la moglie.Un comportamento che nei giorni scorsi ha indotto il Tribunale della Federazione sport equestri a usare il pugno di ferro infliggendogli la radiazione e un’ammenda pari a 10mila euro per pedofilia. Il caso riguarda quello stesso istruttore di equitazione veronese 42enne già condannato lo scorso fine giugno dal giudice scaligero Livia Magri a due anni con il rito abbreviato. E adesso che ha compiuto 20 anni, quell’ormai ex allieva lo ha descritto a un recente convegno sulla tutela delle donne nello sport con come «un mostro che si è servito del suo ruolo seminando dolore, manipolando famiglie e allontanando le ragazzine dal loro mondo innocente. Ma da queste esperienze si esce a testa alta, riprendendo le redini della propria vita pulita e onesta». Del resto,l’atto d’accusa stilato dal pm Valeria Ardito all’ex Mastino si configurava piuttosto pesante, imputandogli di aver «compiuto atti sessuali sull’allieva minorenne... abusando del proprio ruolo e della propria qualifica di istruttore federale; in specie, le trasmetteva gift pornografiche, la baciava sulla bocca, le toccava seno e parti intime...e aveva con la stessa rapporti sessuali completi». Condotta che, stando alla decisione appena pronunciata dal Tribunale federale composto dal presidente Lina Musumarra e dai colleghi Anna Cusimano e Paolo Clarizia, costituisce una violazione degli articoli 1 e 2 del Codice di comportamento sportivo. All’epoca dei fatti, il cavallerizzo insegnava in un maneggio a Verona e «indossava sempre la divisa - secondo l’accusa - per catturare l’attenzione delle ragazzine». Fu il «Cavallo Rosa» a presentare l’esposto nei suoi confronti e in questo modo ha avuto origine il primo caso di radiazione su segnalazione di un’associazione. Davanti ai giudici l’imputato si era difeso negando ogni reato, tanto che ad aprile 2019 scrisse in una memoria che «non vi sarebbe stata agli atti alcuna evidenza di rapporti sessuali tra il deferito» e la controparte, «essendo le documentazioni raccolte una serie di “de relata refero”, voci, racconti basati sul “sentito dire”, e anzi che dalla chat WhatsApp tra questi ultimi sarebbe “possibile ricavare un unico episodio nel quale» la controparte, come meglio si dirà è “saltata addosso”» all’imputato, «il quale l’ha subito respinta, all’interno della selleria delle Scuderie del Garda”; che l’affermazione del Tribunale Federale contenuta nella richiamata ordinanza secondo la quale» l’imputato «in virtù della sua qualifica di istruttore della minore fosse in una posizione dominante sarebbe stata “un asserzione del tutto gratuita e priva di fondamento giuridico”». Tesi difensive non accolte dalla Giustizia penale né sportiva. E ora che la sua vita scorre su binari normali, circondata da affetti e amici, l’ex allieva invita altre potenziali vittime a «far rete, la verità deve venire a galla».