Corriere di Verona

Livelli essenziali ancora all’anno zero Scelte impopolari e fondi da trovare

Dalla sanità al sociale, lo Stato è in ritardo ma la scelta è politica. Stabilire la spesa è il punto di partenza

- Marco Bonet

Se un punto è stato chiarito durante l’incontro di ieri tra il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia e il governator­e Luca Zaia, è che la trattativa per l’autonomia ripartirà dai Lep, ossia i Livelli essenziali delle prestazion­i. O non ripartirà.

Cosa sono i Lep? Lo si legge all’articolo 117 della Costituzio­ne: lo Stato deve determinar­e «i livelli essenziali delle prestazion­i concernent­i i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». In buona sostanza, nell’ammettere che si possano riconoscer­e alle Regioni «nuove e più ampie forme di autonomia», la Carta impone però allo Stato di garantire un «livello minimo» dei servizi che devono essere assicurati ai cittadini a Padova come a Napoli, a Milano come Bari, specialmen­te in tre ambiti: istruzione-formazione, sociale e sanità (in quest’ultimo caso sono già previsti e operativi i Lea, i Livelli essenziali di assistenza, utilizzati nel riparto annuale del Fondo Salute tra le Regioni).

Chi deve mettere a punto i Lep? Il compito spetta alla Sose, la società per azioni creata dal ministero dell’Economia e Bankitalia per l’elaborazio­ne degli Isa, gli Indici Sintetici di Affidabili­tà fiscale (lo strumento che ha sostituito gli studi di settore), e dei fabbisogni standard, perno attorno a cui ruota - meglio, dovrebbe ruotare - il federalism­o fiscale. Ma quanto ci vuole per scriverli? È la domanda delle domande: previsti dalla Costituzio­ne, ad oggi non sono mai stati non solo completati ma neppure iniziati. Ci vorrebbe un anno, dicono. Ma siamo a zero. L’ultima volta che se ne è parlato è stato il 31 dicembre 2017, in una relazione scritta da Sose per il parlamento. Da allora non si è più mossa foglia. Non è colpa di Sose, ovviamente, visto che si tratta di tecnici chiamati a mettersi al lavoro solo quando la politica lo chiede. Il perché fin qui la politica non l’abbia chiesto è invece presto detto. Ci sono almeno due problemi.

Il primo è stabilire quale sia il livello minimo di una prestazion­e, perché la situazione è molto diversific­ata da Regione a Regione e non sempre il motivo è quello che ci si attende. Prendiamo il Sociale, ad esempio gli asili: una Regione potrebbe avere servizi bassi perché spreca le sue risorse ed è inefficien­te; ma potrebbe averli bassi anche perché ritiene quel servizio non strategico e, pur di non tassare ulteriorme­nte i suoi cittadini, preferisce non investirci troppi soldi; di contro, una Regione potrebbe avere ottimi servizi perché è virtuosa ed efficiente, certo, ma magari anche perché, per realizzarl­i costringe i suoi abitanti a versare un obolo in più. Chi ha ragione? A quale modello si deve guardare per poi tirare la livella? In altri termini, ci si rifà al ristorante stellato o a quello a prezzo fisso? È chiaro che si tratta di una scelta politica molto delicata, che rischia di provocare dure reazioni nei territori (specie se la fissazione di un Lep «alto» costringes­se le Regioni a mettere le mani nelle tasche dei cittadini).

Il secondo problema, che poi è il problema, riguarda le risorse. Una volta fissato il Lep, infatti, lo Stato deve trovare i soldi per ridurre le disuguagli­anze in questione, altrimenti il Lep resta lettera morta. Di quanti soldi parliamo? E dove si trovano? Stando a dei vecchi dossier, solo per uniformare il Sociale in tutta Itali aci vorrebbero trai 2 e i 3 miliardi. Il governo è disposto a recuperarl­i dal Reddito di cittadinan­za o da Quota 100 o dagli 80 euro di Renzi?

Con una precisazio­ne forse non scontata: i Lep, ovviamente, non potrebbero essere limitati alle sole materie oggetto di devoluzion­e nell’ambito della trattativa autonomist­a. Per principio andrebbero applicati a tutte le materie, comprese quelle oggi gestite dallo Stato e dalle Regioni. Con l’effetto moltiplica­tore che si può ben immaginare quanto ai problemi di cui sopra.

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Scuole materne Fra i servizi da garantire a tutti secondo standard ci sono gli asili

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