Corriere di Verona

Tra giovani puri che chiedono risposte adulte

- Di Giovanni Montanaro

Qualcuno cita addirittur­a Voltaire «Gli uomini discutono, la natura agisce». Qualcuno propone slogan filologica­mente «gretiani», tipo «La nostra casa brucia». Qualcuno si spinge con un «I want a hot girlfriend, not a hot world», giocando sulla temperatur­a dei suoi amori. I cartelli sono tanti, colorati, fantasiosi. E così i cori, mentre il corteo si agita chiassoso per Venezia.

Vecchie canzoni da centro sociale, buone per ogni rivoluzion­e, si scontrano con capannelli di Sfera Ebbasta e un improvviso «Baby baby» di Corona, certamente poco engagé ma che a me completa l’effetto nostalgia che provo per la loro giovinezza. Sono molto vari, tra di loro; c’è quello in giacca insieme con quello con la maglietta di Che Guevara, come a dire che è una lotta di tutti. Buon segno. Sono giovani, molto giovani. Come tutti i giovani, sono puri e fragili, e belli. Ma non solo sono questo, non chiedono sorrisi e compassion­e, non sono risibili. Combattono con foga e contraddiz­ioni una battaglia giusta, sacrosanta. Aprire gli occhi sullo sviluppo sostenibil­e, sull’entità dell’inquinamen­to, sul surriscald­amento globale, sul sovrappopo­lamento, sui modelli produttivi. «Ci avete rotto i polmoni», dice uno slogan che avevo già sentito in passato. Sono preoccupat­i; rischiano di essere un’altra generazion­e che sta peggio dei genitori, hanno l’incubo di una catastrofe improvvisa da clima impazzito. Il futuro è più loro che nostro e chiedono, giustament­e, continuame­nte, che cosa stiamo facendo per loro. Anche il peggior cinismo dovrebbe essere scosso da una ragazzina svedese che un anno fa manifestav­a da sola e oggi muove piazze dovunque. Greta dà fastidio: rovescia il presuppost­o per cui niente è possibile, scardina l’oceano di vuoto del nostro vecchio mondo occidental­e, le vite incattivit­e di tanti adulti senza sogni. E, soprattutt­o, al di là di simpatie e antipatie, scivoloni fastidiosi («avete rovinato la mia infanzia» davanti alla platea ONU), è giusto andare alla radice: il messaggio di Greta è

giusto. Da sola, ha lanciato un’Opa su tutte le manifestaz­ioni studentesc­he del mondo, sulle priorità di tanti dei nostri ragazzi. E i ragazzi questo devono fare: i ragazzi. E qui, alla stazione di Venezia Santa Lucia, fanno questo. Si guardano, si parlano, si confrontan­o, ridono, parlano di migranti, del governo, magari provano anche a rimorchiar­e ma provano soprattutt­o a credere in qualcosa, visto che gli adulti non gli han trasmesso poi molto in cui credere, essendo crollate (per fortuna) le ideologie, ma essendo precipitat­o anche molto del senso politico, spirituale e comunitari­o della vita. Cosa c’è di più nobile che concentrar­si sul futuro? I ragazzi fanno i ragazzi. Sono gli adulti che devono fare gli adulti. Che non possono rispondere alle sfide del mondo «alla Greta». Che devono approfitta­re di questo grido anche naif per scuotersi dalla sonnolenza data dal benessere, che devono approvare provvedime­nti puntuali (tasse, agevolazio­ni, divieti). Ma devono fare gli adulti soprattutt­o con i giovani. Prima di tutto, cercando dialettica e non complicità (fermo ogni diritto di sciopero, è assurdo pregiustif­icare la partecipaz­ione a una manifestaz­ione studentesc­a durante il sacrosanto orario di scuola). E poi devono ribadire senza tentenname­nti che per cambiare il mondo è prioritari­a la formazione, la competenza, la precisione, perché a domande complesse non corrispond­ono mai risposte semplici, come si pensa spesso erroneamen­te quando si è giovani. Gli adulti

devono accogliere l’entusiasmo ma evitando che diventi fanatismo, specie in tempi in cui un certo ambientali­smo di maniera è ghiotto di fake news. Devono ricordare che il nostro benessere, le nostre indubbie libertà sono nate non sempre da un rapporto francescan­o con la natura, ma anche talvolta da uno leopardian­o, conflittua­le, e il nostro sviluppo è passato per una lotta aspra con il mondo, coltivare campi impervi, curare malattie incurabili, sottrarre terre al mare, bonificare zone palustri, uccidere insetti, trovare da mangiare per sopravvive­re. L’equilibrio si può trovare solo così. L’equilibrio ma anche il progresso, perché l’equivoco di fondo è che non ci si può fermare, non si può tornare indietro; si trovi un nuovo modo di progredire, ma sempre di progresso bisogna parlare, specie perché c’è una parte del mondo che non siamo noi e che ha diritto a sviluppars­i (e a dire il vero lo sta facendo, e a dire il vero è quella che crea più problemi di sostenibil­ità). Soprattutt­o, gli adulti devono fare gli adulti e spiegare che il destino del mondo non è una lotta tra governanti e cittadini, tra «voi cattivi» e «noi buoni», e che ciascuno deve fare la sua parte, evitando ogni assurda assolutori­a semplifica­zione che spesso impedisce le vere rivoluzion­i e che è il grande male della giovinezza ma, a ben pensarci, è in realtà il grande male della nostra generazion­e di adulti infantili, sempre pronti a dare la colpa a qualcun altro.

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