«Safilo, senza Dior effetti pesanti Tavolo di distretto sugli esuberi»
L’Ad Trocchia apre la partita: incentivi per riassorbire in Thelios gli operai che saranno licenziati
Il piano industriale aggiuntivo che Sàfilo presenterà entro fine anno ricadrà sull’occupazione in una misura dipendente dalla chiusura positiva o meno di due trattative in corso per rinforzare i volumi produttivi nelle fabbriche italiane dopo il passaggio di Dior a Thelios, a fine 2020, a Thelios. Ma, anche nella migliore delle ipotesi, lo zero esuberi è un’utopia. Ne ha parlato ieri, a Parigi, a margine del Salone internazionale dell’ottica (Silmo), l’amministratore delegato della società padovana, Angelo Trocchia, pur evitando di indicare previsioni sui numeri. «Stiamo disperatamente cercando di portare nei nostri impianti lavorazioni che possano attenuare il vuoto di lavorazione che si verrà a creare – spiega Trocchia – dato che il marchio vale il 70% di quanto realizzato a Longarone. Ma è ovvio che le ripercussioni saranno notevoli. Non è stata una sorpresa: il passaggio a Thelios era previsto dal momento dell’annuncio della nascita della società fra Marcolin e Lvmh, proprietaria del marchio. Ma se questo fosse stato gestito in maniera diversa, con tempi più dilatati, l’inevitabile impatto sull’occupazione che ci aspettiamo avrebbe potuto essere molto più tenue».
Vuol dire che una gestione più lenta del processo avrebbe potuto avere, per Thelios, gli stessi effetti industriali senza penalizzare il territorio?
«Rispetto naturalmente le scelte imprenditoriali di chiunque, non sta certo a me giudicare le strategie di altre aziende. Dico solo che con una diversa fasatura del processo oggi affronteremmo il difficile momento che abbiamo davanti in condizioni migliori e con vantaggio reciproco. Ho insistito un anno con Lvmh perché questo potesse avvenire. Credo di aver trascorso più tempo a Parigi che a casa mia».
Perché dice che una gestione del tempi più rilassata sarebbe stato un vantaggio per tutti?
«Mi risulta che nei lavori per l’ampliamento di Thelios siamo solo ai pilastri. I concorrenti devono terminare la struttura, metterci dentro i macchinari, formare gli operai e produrre la collezione primavera-estate 2021. È una corsa contro il tempo. A parte questo, che, ripeto, è comunque legittimo, mi piacerebbe ora essere ascoltato su un altro punto. Cioè l’importanza di gestire il percorso in una logica di distretto». Cosa intende?
«Gli occhiali Dior cambiano produttore, ma non lasciano la valle. Continueranno ad uscire da Longarone; e dunque credo sia importante trovare un tavolo fra più parti, coinvolgendo associazioni di categoria, sindacati e politica a più livelli, per vedere come si possano conservare le lavorazioni, sia pure sotto altri tetti, in mano agli operai che dovranno lasciare Safilo. Gli strumenti utilizzabili per incentivare soluzioni che riducano al minimo la perdita occupazionale nell’insieme del distretto sono numerosi. Insomma, evitare di cercare la manodopera con il puro criterio dei minori costi».
La vostra offerta di esodi incentivati ai dipendenti delle quattro sedi italiane, nel frattempo, ha funzionato solo in parte.
«È stato un atto di grande chiarezza. Abbiamo detto ai dipendenti come stavano le cose. Abbiamo offerto loro un’opportunità per accettare, su base volontaria, un licenziamento (con un incentivo tra 8 e 12 mesi di stipendio seconda dell’anzianità, ndr), dopo un’analisi sito per sito, funzione per funzione. Fra Padova e Longarone hanno accettato in 109 su 160. Non basta».
C’è chi immagina la possibilità di cessione di impianti produttivi, magari pure quello stesso di Longarone.
«Longarone è il sito più strategico. Comunque il tema oggi non è sul tavolo».
Visto l’orientamento di altri grandi player, è ipotizzabile che anche nel vostro caso si arrivi ad un’integrazione con costruttori di lenti?
«Il nostro modello non è di andare a comprare operatori della filiera dell’occhialeria a monte o a valle; ma siamo apertissimi ad alleanze e joint-venture. Nel mondo il mercato delle lenti crescerà di molto, i problemi di miopia e presbiopia stanno esplodendo, un numero enorme di persone che oggi non possono avere occhiali da vista raggiungeranno la possibilità di acquistarli, soprattutto in Asia. C’è tanto da fare».
La cessione di Solstice, la scorsa estate, denota l’intenzione di uscire dal retail.
«Da quello fisico senz’altro. Ma i canali di vendita sono tanti. Solo negli Usa distribuiamo i nostri prodotti a 17 mila ottici».
L’azionista Hal ha intanto ceduto Grand Vision a Essilux. Preoccupa?
«No. Le reti di vendita sono un sistema ancora estremamente frammentato, gli indipendenti rimangono la grande maggioranza. Bisognerà anche vedere quanto accetteranno di vendere occhiali di società che possiedono catene retail concorrenti». Veniamo ai vostri conti.
«Il primo semestre è stato in linea con le aspettative, forse addirittura migliore rispetto alle previsioni degli analisti. Ci sono tutte le ragioni perché la linea di ripresa indicata nel piano sia rispettata».
Il pericolo
La licenza è il 70% del prodotto di Longarone Stiamo disperatamente cercando altri volumi
L’accusa
Ho insistito per un anno con Lvmh su tempi diversi: sono stato più a Parigi che a casa mia