Big Japan
Da Degas a Gauguin, l’onda orientale contagiò gli artisti fin dall’800: una mostra mappa le opere del «giapponismo»
Dopo secoli di isolamento, nel 1854 il Giappone apre finalmente le sue porte all’Occidente. Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia e Paesi Bassi sono i primi ad avviare rapporti diplomatici con il Sol Levante. In poco tempo l’oggettistica giapponese - ceramiche, lacche, stampe e arredi - fa capolino nei mercati europei. Esplode così il «giapponismo», una vera e propria moda. Un gusto non perimetrabile per tutto quello che è giapponese e che influenzerà svariati settori dell’arte occidentale.
Una moda che attraverserà tutto il Novecento fino alla Prima Guerra Mondiale. Palazzo Roverella a Rovigo, da oggi al 26 gennaio 2020, propone al pubblico la mostra «Giapponismo. Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915» a cura di Francesco Parisi con Rossella Menegazzo ad occuparsi dell’ampia sezione giapponese che vanta autori cult come Kunisada, Hiroshige e Hokusai di cui è esposta anche l’iconica opera originale «La grande onda».
Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo col Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, la mostra propone un viaggio nelle suggestioni artistiche occidentali evocate dal Giappone, dai suoi colori morbidi e al contempo vibranti, dalle sue forme rigorose ed essenziali, dalla temperatura ombrosa e misteriosa che seppe ammaliare artisti ma anche scrittori come Lafcadio Hearn, il quale rintracciò una mitologia zeppa di mostri, demoni e bestie immaginarie. In esposizione ventagli, paraventi, vasi, lacche, sigilli, abiti originali, componenti d’arredo e ben 258 dipinti di autori come Gauguin, Pisarro, Degas, Toulouse – Lautrec, Ensor e Van Gogh.
Senza trascurare gli esiti che il giapponismo suscitò in Italia. Nonostante il nostro paese fu uno degli ultimi ad appropriarsi del linguaggio giapponista, personalità come De Nittis e Michetti tracciarono la via italiana al giapponismo.
La mostra si snoda in quattro sezioni, quante furono le Esposizioni Universali – da quella londinese del 1862 alla cinquantennale dell’Unità d’Italia del 1911 – che con i loro padiglioni giapponesi contribuirono ad amplificare l’amore per l’estremo oriente.
Un amore oggi consolidato, a partire dal cibo fino ai cartoni animati e ai fumetti Manga. Senza trascurare le pratiche sempre più diffuse dello zen e del buddismo. «Questa è senz’altro la prima mostra europea sul giapponismo – spiega il curatore Parisi - che mette a confronto tutti i giapponismi». La diffusione della moda giapponista coincide infatti con il liberty e con gli sviluppi del modernismo che portarono gli artisti ad una nuova sintesi tra gli schemi dell’arte occidentale e lo spirito essenziale dell’arte nipponica. Il gusto giapponista in occidente si fonderà infine con la struttura compositiva e con l’utilizzo della gamma cromatica delle stampe Ukyo, di cui il curatore registra influenze anche nei simbolisti e nei secessionisti viennesi.
In mostra infatti un meraviglioso pastello di Khnopff a riprova che, a essere influenzati dal Giappone non furono solo gli impressionisti. Come ci conferma la suggestiva stampa di Thomas Theodor che mescola all’oscuro simbolismo, prossimo alle incisioni di Aubrey Beardsley, quei terrificanti mostri giapponesi che sembrano balzati fuori dalle pagine dedicate alle antiche leggende nipponiche di cui scrisse Lafacdio Hearn. Fra le curiosità una litografia dedicata al Corriere della Sera. Catalogo di Silvana Editore. Info su www.palazzoroverella.com
La chicca
C’è «La grande onda» di Hokusai