Vincolo di sede per i prof L’idea di Boccia non convince
La proposta di Boccia per trattenere i docenti piace ai presidi che rilanciano: «Gestione regionale»
Vincolare il nuovo concorso per la scuola ad al- cuni anni in sede? La proposta di Boccia non convince i sindacati veneti che dicono: «Il vero problema è la precarietà». Favorevoli invece i presidi: «Così non si va avanti, prima o poi si dovrà arrivare alla gestione regionale con l’autonomia».
Se il miraggio dei concorsi gestiti in regione per i docenti si allontana insieme al pacchetto dell’Autonomia «alla veneta», il «compromesso» proposto dal ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, convince i più.
L’idea di strutturare il prossimo, attesissimo, concorso per le immissioni in ruolo, sulla falsariga di quello dell’Agenzia per le Entrate che prevede vincoli di permanenza in sede anche ulteriori rispetto ai 5 anni già previsti è accolta da qualche sindacato e da molti presidi con un «meglio di niente». Perché negli istituti in cui, alla volta del 3 ottobre, a scuole aperte da quasi un mese, ancora mancano i prof. Boccia, per altro, aveva annunciato di aver avuto la benedizione del non tenero Maurizio Landini, segretario della Cgil ma lui, tramite il suo staff, precisa di non aver mai discusso di questo tema col titolare degli Affari regionali.
Non è un caso che Marta Viotto, segretaria veneta della Cgil per il settore Scuola, spieghi: «Premesso che nell’incontro fra il governatore Luca Zaia e il ministro Boccia, è stato finalmente esplicitato il progetto di autonomia di cui tanto si è parlato nell’ultimo anno, l’idea dei paletti legati al concorso sposta l’attenzione dal vero problema che resta la precarietà. Ricordo che dei 6.400 posti a ruolo assegnati dal ministero al Veneto non ne sono stati assegnati circa 3.000 perché i concorsi non venivano fatti con cadenza regolare. Che poi, il vincolo di restare cinque anni nella sede assegnata con l’immissione in ruolo, già c’è. Basta fare i concorsi». Non la vedono così, però, alcuni presidi. Gianni Zen, dirigente scolastico del liceo Brocchi di Bassano del Grappa, spiega: «È vero che il vincolo di permanenza esiste ma le scappatoie sono mille. Una su tutte è la riassegnazione provvisoria. Funziona così: si vince la cattedra a Bassano ma, per motivi familiari, si può chiedere di occupare una cattedra poniamo a Palermo. A quel punto la cattedra di Bassano andrà a un precario con l’inevitabile turn over. Sono stratagemmi indiretti che rispecchiano un’idea di scuola centrata sui docenti e non sugli studenti». Alla luce del duro j’accuse, Zen aggiunge: «La proposta di Boccia è un compromesso, il vero modello è Trento. Non sono zaiano - sorride il preside ma una gestione regionale basata sui Lep, i livelli essenziali di prestazione, sarà inevitabile. Così non possiamo andare avanti, è giusto garantire a ogni Regione di gestire l’organizzazione del personale. Oggi la questione del personale della scuola è diventata ingovernabile». Al Brocchi manca ancora qualche docente ma non quanto in altre scuole. «La provincia di Vicenza è una delle cinque che partecipa a una sperimentazione nazionale voluta dal ministero per un sistema accentrato di nomina dei precari - spiega Zen - segno che il Miur è consapevole del problema». Il magma del sistema-scuola ribolle appena sotto la superficie e solo l’annuncio del nuovo concorso ha placato il sobbollire rabbioso di chi ha in carico l’educazione degli studenti. «Diamo atto al ministro dell’Istruzione di aver condotto con attenzione e tenacia una trattativa complessa - commenta Michele Nudo della Uil - che dà risposte ai precari ma chi vuole tornare a casa deve poterlo fare». Il riferimento è al concorso straordinario per l’immissione nei ruoli già dal primo settembre 2020. Intanto, però, i presidi segnalano che il tempo stringe: con il mantenimento di Quota 100 ci sarà la ripresa accelerata dei pensionamenti. Autonomia o no, si deve fare presto.