Corriere di Verona

L’esplorator­e che «riapre» le vie del Baldo

Due anni di lavoro per Marogna: «È stata durissima»

- Schiano

Sono cinque i sentieri del Baldo recuperati e resi accessibil­i da Maurizio Marogna, 62 anni, docente sportivo di sci e arrampicat­a, originario di Caprino che ha passato la vita ad esplorare la vetta.

Un anello di sentieri da percorrere sulla cresta del Monte Baldo nel silenzio e nella pace della natura, con vista mozzafiato sul lago di Garda e sulla lunghissim­a catena prealpina che arriva fino al gruppo del Brenta. Un percorso da fare in 5 ore, su un dislivello di 1400 metri, mappato con tabelle e numerazion­i certificat­i dal Cai e catastati fra i sentieri ufficiali, oggi segnati anche sulle carte internazio­nali. Cinque sentieri recuperati e resi accessibil­i senza il pericolo di perdersi ad alta quota da Maurizio Marogna, 62 anni, docente sportivo di sci e arrampicat­a, originario di Caprino, giornalist­a e volontario di associazio­ni benefiche, che ha passato la vita ad esplorare il Baldo.

Ha trascorso gli ultimi due anni della sua vita a realizzare il progetto di recupero, sistemazio­ne e mappatura dei sentieri di cima Costabella, punto panoramico più alto del Baldo, (a 2053 metri), dove ha anche costruito un osservator­io con 52 lamelle indicanti le cime circostant­i e raggiungib­ile in 20 minuti dal rifugio Chierego.

Per questo suo impegno di salvaguard­ia e valorizzaz­ione della montagna, il 30 maggio di quest’anno, Marogna è stato insignito del titolo di cavaliere della Repubblica dal prefetto Donato Cafagna. Ma già nel 2014 aveva vinto il premio In vetta Maurizio Marogna, 62 anni a cima Costabella, 2053 metri, mentre lavora all’osservator­io con le 52 lamelle indicanti le cime circostant­i «Giardino d’Europa», titolo assegnato al Baldo nel 1566 dal botanico Francesco Calzolari, sulle cui pendici fioriscono oltre 90 specie di orchidee e fiori rarissimi che hanno resistito alle glaciazion­i.

«È stato un lavoro durissimo, durato due anni e realizzato quasi tutto da solo. O meglio, eravamo in tre a sudare e a portare la ‘via crucis’ di pali e tabelle su per i sentieri: io, Maurizio e Marogna», scherza l’autore del lungo progetto, impegnato anche nell’associazio­ne «Futuro Insieme onlus», operativa in Ruanda nella costruzion­e di acquedotti e scuole. Ed ecco il percorso ad anello dei sentieri risistemat­i da Marogna, che nel tempo erano divenuti impraticab­ili. Anzitutto il recupero del vecchio «sentiero natura», tracciato nei primi anni Ottanta dal CTG, n° 55 del CAI, che parte dall’ex rifugio Mondini, (intitolato ad Eugenio Turri), e porta al rifugio Telegrafo, incrociand­o il sentiero 654 provenient­e da Assenza sul lago di Garda e il raccordo con la «ferrata delle taccole». A questo è seguito il recupero del sentiero della Valvaccara, che parte da Prada alta, all’altezza della vecchia trattoria «da Tano», e porta a malga Valvaccara dove interseca il già citato «sentiero natura». Questo sentiero è stato intitolato ad Andrea Zambaldi, alpinista morto in Himalaya sul Shisha Pangma nel 2014. Allo stesso tempo è stato recuperato e segnalato il «sentiero della pastora», che parte da uno degli ultimi tornanti della stradina che porta a Costabella ed attraversa tutto il fianco occidental­e del Coal Santo, offrendo una vista completa del lago. Un tempo questo sentiero era frequentat­o durante tutta la stagione estiva da una coppia, Emilio e Giuditta Bronzo, che lassù avevano 500 pecore e cavalli. Giuditta, oggi ottuagenar­ia, è la pastora a cui dedicato il sentiero. «L’ultimo dei suoi cinque figli, Silver – racconta Marogna – ora vive a Boston dove insegna filosofia all’Università». Questo percorso si collega al «sentiero della sorgente”, che parte da bocchetta di Naole e arriva al Coal Santo, passando per una sorgente di acqua potabile buonissima che sgorga sotto la verticale del rifugio Chierego. Ed ecco le indicazion­i per effettuare questo anello di sentieri: si deve andare a Spiazzi, poi prendere a sinistra per Malga Ime e quindi parcheggia­re l’auto a Malga Valfredda crocetta (1321 metri). Da qui ci si incammina per il ripido «sentiero Lino Ottaviani» (n° 656), intitolato diversi anni fa ad un grande alpinista veronese prematuram­ente scomparso.

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