Rifiuti speciali del tessile cinese disseminati nei capannoni veneti
Inchiesta dei carabinieri forestali, due gli arresti: uno è originario del Trevigiano
Erano disseminate in decine di capannoni tra il Veneto e l’Emilia Romagna migliaia di tonnellate di rifiuti speciali scartati dai laboratori tessili cinesi di Prato e dintorni, in Toscana.
La scoperta è stata fatta dal nucleo investigativo dei carabinieri forestali di Modena a conclusione di un’attività d’indagine che è durata quasi due anni e che ha portato all’arresto di due persone.
Con loro ci sono altri sedici indagati le cui posizioni sono ancora al vaglio degli inquirenti. Il giro di rifiuti speciali era gestito da una banda che offriva il servizio di raccolta degli scarti agli imprenditori del distretto industriale toscano, abbattendo drasticamente, e in maniera illegale, i costi dello smaltimento dei cascami e dei ritagli di stoffa.
L’organizzazione criminale nel tempo aveva costruito una rete ampia di depositi dove venivano stoccati gli avanzi all’interno di sacchi neri come fosse normale immondizia urbana. Diverse le province interessate, tra cui tutte quelle Venete a esclusione di Belluno. Il modus
operandi? Alcuni intermediari affittavano i capannoni, ventiquattro in totale quelli scoperti, e attraverso prestanome di società fittizie facevano confluire i sacchi con all’interno i prodotti tessili. Tra gli immobili che sono di fatto diventati delle discariche abusive ne sono stati individuati anche nel comune di Rovigo, a Monselice, Solesino e Bovolenta nel Padovano, a Villa Bartolomea e Rivoli Veronese nella provincia scaligera, a Quinto Vicentino in quella berica, a Scorzè nel Veneziano e a Treviso città.
Proprio della Marca è originario uno degli arrestati, G.A. di 53 anni, da tempo residente nel bolognese e considerato la mente del gruppo.
L’altra persona finita in manette è G.V. di quarant’anni residente nel mantovano e già in carcere per un’inchiesta analoga che era stata sviluppata negli anni scorsi tra le province della Lombardia.
Per riuscire nella truffa venivano falsificati dai componenti dell’organizzazione vari documenti, etichettando i prodotti di scarto non più come rifiuti speciali ma come materie prime secondarie e abbattendo di fatto i costi di smaltimento, dato che per quelli speciali la spesa di distruzione è decisamente maggiore.
I prodotti tessili venivano quindi camuffati e trasportati in sacchi neri come normali rifiuti urbani prima di essere stoccati.
Solo nell’ultimo anno sono stati sequestrati circa 9mila metri cubi di materiali tessili per complessive 30mila tonnellate. Per il loro Stoccati Tonnellate di rifiuti tessili speciali stoccati nei capannoni veneti smaltimento sarebbero dovuti essere sborsati circa 500 mila euro: la banda invece si presentava gli imprenditori manifatturieri, offrendo servizi a prezzi ribassati.
Tra gli indagati c’è anche un modenese che fungeva da procacciatore dei capannoni e che varie volte si era affidato ai padroni degli immobili, risultati all’oscuro di tutto. Proprio il fatto che in regione vi siano decine di stabili liberi, e quindi facilmente affittabili a prezzi irrisori, rende le campagne venete un terreno ideale per stoccare gli scarti. Quella emiliana è solo l’ultima di una serie di indagini che riguardano lo smaltimento dei rifiuti in Italia avviate negli ultimi anni.
Discariche abusive
Tra gli immobili sequestrati anche un capannone di Rivoli Veronese