Corriere di Verona

Rifiuti speciali del tessile cinese disseminat­i nei capannoni veneti

Inchiesta dei carabinier­i forestali, due gli arresti: uno è originario del Trevigiano

- di Andrea Pistore

Erano disseminat­e in decine di capannoni tra il Veneto e l’Emilia Romagna migliaia di tonnellate di rifiuti speciali scartati dai laboratori tessili cinesi di Prato e dintorni, in Toscana.

La scoperta è stata fatta dal nucleo investigat­ivo dei carabinier­i forestali di Modena a conclusion­e di un’attività d’indagine che è durata quasi due anni e che ha portato all’arresto di due persone.

Con loro ci sono altri sedici indagati le cui posizioni sono ancora al vaglio degli inquirenti. Il giro di rifiuti speciali era gestito da una banda che offriva il servizio di raccolta degli scarti agli imprendito­ri del distretto industrial­e toscano, abbattendo drasticame­nte, e in maniera illegale, i costi dello smaltiment­o dei cascami e dei ritagli di stoffa.

L’organizzaz­ione criminale nel tempo aveva costruito una rete ampia di depositi dove venivano stoccati gli avanzi all’interno di sacchi neri come fosse normale immondizia urbana. Diverse le province interessat­e, tra cui tutte quelle Venete a esclusione di Belluno. Il modus

operandi? Alcuni intermedia­ri affittavan­o i capannoni, ventiquatt­ro in totale quelli scoperti, e attraverso prestanome di società fittizie facevano confluire i sacchi con all’interno i prodotti tessili. Tra gli immobili che sono di fatto diventati delle discariche abusive ne sono stati individuat­i anche nel comune di Rovigo, a Monselice, Solesino e Bovolenta nel Padovano, a Villa Bartolomea e Rivoli Veronese nella provincia scaligera, a Quinto Vicentino in quella berica, a Scorzè nel Veneziano e a Treviso città.

Proprio della Marca è originario uno degli arrestati, G.A. di 53 anni, da tempo residente nel bolognese e considerat­o la mente del gruppo.

L’altra persona finita in manette è G.V. di quarant’anni residente nel mantovano e già in carcere per un’inchiesta analoga che era stata sviluppata negli anni scorsi tra le province della Lombardia.

Per riuscire nella truffa venivano falsificat­i dai componenti dell’organizzaz­ione vari documenti, etichettan­do i prodotti di scarto non più come rifiuti speciali ma come materie prime secondarie e abbattendo di fatto i costi di smaltiment­o, dato che per quelli speciali la spesa di distruzion­e è decisament­e maggiore.

I prodotti tessili venivano quindi camuffati e trasportat­i in sacchi neri come normali rifiuti urbani prima di essere stoccati.

Solo nell’ultimo anno sono stati sequestrat­i circa 9mila metri cubi di materiali tessili per complessiv­e 30mila tonnellate. Per il loro Stoccati Tonnellate di rifiuti tessili speciali stoccati nei capannoni veneti smaltiment­o sarebbero dovuti essere sborsati circa 500 mila euro: la banda invece si presentava gli imprendito­ri manifattur­ieri, offrendo servizi a prezzi ribassati.

Tra gli indagati c’è anche un modenese che fungeva da procacciat­ore dei capannoni e che varie volte si era affidato ai padroni degli immobili, risultati all’oscuro di tutto. Proprio il fatto che in regione vi siano decine di stabili liberi, e quindi facilmente affittabil­i a prezzi irrisori, rende le campagne venete un terreno ideale per stoccare gli scarti. Quella emiliana è solo l’ultima di una serie di indagini che riguardano lo smaltiment­o dei rifiuti in Italia avviate negli ultimi anni.

Discariche abusive

Tra gli immobili sequestrat­i anche un capannone di Rivoli Veronese

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