Corriere di Verona

Vaiente: «Così l’Australia mi ha dato la vita»

Nel 1951, a soli 15 anni, la partenza in nave per Sidney Inizia come bracciante fino a diventare imprendito­re Il ritorno definitivo a Verona avviene nel 1970, quando acquista una tabaccheri­a in Borgo Roma

- Lorenzo Fabiano (65. continua)

Da Erbè al Queensland australian­o: quando ad attraversa­re i mari della speranza eravamo noi. Pietro Vaiente ha dentro la tenacia e il coraggio di chi la vita se l’è andata prendere in capo al mondo. È oggi un distinto signore di 84 anni che si gode i suoi giorni nella bella casa di Borgo Roma insieme alla sua inseparabi­le Mariella. Nel timbro della voce, nella luce degli occhi, e nella carica dei modi, avverti la stessa energia di quando tutto ebbe inizio in un’Italia che tra le macerie lasciate dalla guerra stentava a sfamare i suoi figli: fu allora che, appena quindicenn­e, in assenza di un presente, Pietro partì per il suo lungo viaggio a caccia del futuro. Questa storia inizia l’11 settembre del 1943: «Mio padre Antonio – racconta Pietro - era guardia di frontiera a Colle Isarco, dove io ero nato quarto di nove figli. L’8 settembre i tedeschi ci requisiron­o la casa e deportaron­o mio papà in Germania. Mia mamma Fiorina tra mille tribolazio­ni ci riportò fin giù a Erbè dove viveva la sua famiglia». Finita la guerra Antonio fa ritorno a casa, ma nove figli da nutrire, son tanti. La scuola per Pietro è un lusso, anche lui lavora nei campi perché per mettere qualcosa in tavola la sera, c’è bisogno delle mani di tutti. Giuseppe, il fratello maggiore, è in Australia a sgobbare con uno zio che dal 1938 lavora in una piantagion­e di canna da zucchero a Home Hill nel Queensland: «Nel 1950 mi fratello mi chiese di raggiunger­lo in Australia. A quindici anni ero già bravo a guidare il trattore». Presenta domanda di emigrazion­e, ma serve l’attestato di terza elementare, che non ha. Tre giorni a scuola e la licenza di terza gliela timbrano le amorevoli maestre di Erbé: «Il 1. febbraio del 1951 salpai dal porto di Genova alla volta di Sidney insieme a mio cugino Adelino, che aveva appena finito il servizio militare. A Genova mi accompagnò mio padre; con le mance dei parenti avevo racimolato diecimila lire; mio padre mi disse: «Pietro, diecimila sono troppi, meglio tu me ne dia cinquemila. A casa ci saranno utili». Così partii con in tasca sole cinquemila lire; i primi soldi li spesi per quattro pacchetti di sigarette». Adelino sbarca a Melbourne, dove lo attende un lavoro alla Good-Year, Pietro un giorno dopo a Sidney. Da lì in treno raggiunge Giuseppe a Home Hill sulla costa del Queensland. Lavorano come braccianti tagliando canne da zucchero. Pietro impara l’inglese: «Un trevigiano, tal Danilo Serafin, mi propose di andare a fare il muratore da Joe Populin, un altro emigrato da Treviso». Pietro è sveglio e intraprend­ente; tre anni, e mette su un’impresa edile. Dall’Italia è arrivato anche il fratello Bruno: «Avevamo una roulotte. Ci spostavamo ovunque ci fosse domanda di lavoro». Home Hill, poi Ayr, ma dopo otto anni il lavoro scarseggia: Pietro e Bruno caricano la roulotte e partono in cerca di fortuna, ma a Townsville devono decidere se proseguire sulla costa o spingersi all’interno del Queensland: «Lanciammo in aria un cappello: la via indicata era quella dell’ovest, duecento chilometri di nulla tra sabbia e cespugli, sembrava il Far West». Raggiungon­o Mount Isa, grande centro minerario per l’estrazione di argento, rame, zinco e piombo. Ancora non la sa, ma quella landa è la terra promessa dove Pietro, raggiunto nel frattempo pure dal fratello Benito, darà linfa alla sua azienda specializz­ata nella costruzion­e di strade e case, attività che svilupperà per oltre vent’anni. A Mount Isa si sono stabiliti anche Giuseppe e sua moglie Eliana: i due hanno trasformat­o una piccola pensione in un complesso alberghier­o di prima classe dal nome eloquente: Motel Verona. È il 1962 quando Pietro torna a Verona per una vacanza: a un matrimonio conosce Mariella, una bella ragazza dell’altopiano di Asiago. Le chiede di sposarla e di andare con lui in Australia: «Va bene, ma a patto che tra due anni mi riporti a casa» risponde lei. Saranno un po’ di più: nel 1964 nasce Gianna, quattro anni più tardi Paolo.

Tornano nel 1970, quando Pietro acquista una tabaccheri­a in Borgo Roma. Oggi la mandano avanti Gianna e Paolo. Da anni Pietro Vaiente presiede a Verona l’Associazio­ne Emigrati Australia e Americhe dove tra le tante attività, porta la sua testimonia­nza. In Australia è tornato nel 1980: per donare il midollo a suo fratello Giuseppe, che grazie alla sua generosità ha potuto vivere altri dodici anni. La sua casa è un museo dei ricordi, dove ha raccolto ogni passo del suo lungo cammino: «Adesso sto bene in Italia, ma l’Australia mi ha dato la vita».

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 ??  ?? Da Erbè al Queensland Pietro Vaiente , presidente dell’Associazio­ne Emigrati Australia e Americhe assieme alla moglie Mariella
«Tipi veronesi» è una proposta domenicale del Corriere di Verona che intende raccontare, attraverso la storia di personaggi più o meno famosi, l’evolversi della nostra città. Uno sguardo al passato rivolto al futuro affidato alla penna del nostro collaborat­ore Lorenzo Fabiano. Per eventuali segnalazio­ni scrivere a corrieredi­verona@corriereve­neto.it o lorenzo.fabiano@me.com
Da Erbè al Queensland Pietro Vaiente , presidente dell’Associazio­ne Emigrati Australia e Americhe assieme alla moglie Mariella «Tipi veronesi» è una proposta domenicale del Corriere di Verona che intende raccontare, attraverso la storia di personaggi più o meno famosi, l’evolversi della nostra città. Uno sguardo al passato rivolto al futuro affidato alla penna del nostro collaborat­ore Lorenzo Fabiano. Per eventuali segnalazio­ni scrivere a corrieredi­verona@corriereve­neto.it o lorenzo.fabiano@me.com

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