Corriere di Verona

Due gol e Sampdoria dominata Al Bentegodi un Hellas che incanta

Prima vittoria al Bentegodi, in gol il baby Kumbulla e autorete di Murru su punizione di Veloso. Grande prova di squadra, Amrabat padrone del centrocamp­o

- Fontana

L’Hellas batte la Sampdoria 2-0 al Bentegodi nell’anticipo della settima giornata del campionato di serie A, a segno Kumbulla nel primo tempo e Veloso nella ripresa su punizione. Prestazion­e maiuscola dei gialloblù di Juric, che vincono e convincono.

Soltanto gli uomini di poca fede non possono credere in questo Verona. Come i patrioti risorgimen­tali, li vedi sbucare fuori dalle barricate, i ragazzi cresciuti da Ivan Juric, un papà burbero, ma dal cuore tenero, quando si tratta di parlare dei suoi figliocci. Sia lode all’Hellas, quindi, che si sbarazza della Sampdoria con un 2-0 che è fatto di fame e di lotta, ottenendo la prima vittoria interna della stagione. Si diverte un mondo, il popolo gialloblù, che non vedeva un calcio del genere da parecchio tempo, e i peana salgono alti, alla fine, da un Bentegodi che culla i suoi nuovi eroi. A «benedirli», prima della partita, era arrivato, direttamen­te dalla Germania, Hans-Peter Briegel, uno degli apostoli dello scudetto del 1985, sceso in Italia per godersi un periodo di vacanza a Bardolino e per gustarsi la sfida alla Samp, di cui pure è un ex.

Avrà visto, sul campo, un suo epigono che si chiama Sofyan Amrabat, il martello che fa girare i meccanismi del Verona: mai fermo, sempre primo nei contrasti e nel rilancio dell’azione. Ma ci si potrebbe perdere, neanche si fosse in un dolcissimo labirinto di specchi, per dire, giocatore per giocatore, quanto bello sia l’Hellas disegnato e diretto dall’uomo di Spalato. Prendete Miguel Veloso, che pennella su goniometri­co angolo la traiettori­a del vantaggio, depositand­o con il suo mancino impression­ista il pallone sulla testa di Marash Kumbulla. Si ride alla maniera dei baccanali carnascial­eschi, guardando questo diciannove­nne, che la maglia del Verona la veste da quando era un bambino, salire in uno stacco di stampo cestistico per colpire, il suo è un sasso scagliato da una fionda uscita da tempi lontani.

Il duello è appena iniziato e già l’Hellas detta le regole dell’ingaggio per un testa a testa che, in realtà, non comincia mai sul serio, se non quando, per un’ordinaria legge della fisiologia, il Verona deve indietregg­iare e concedere qualche occasione a una Sampdoria che di qualità ne ha da vendere (tanto per essere chiari, con i cambi entrano Rigoni, Caprari e Gabbiadini) non la mostra per quel che potrebbe. In quei casi, ci pensa Marco Silvestri a rimediare e a stoppare il rischio che l’Hellas, seppure per lunghi minuti dominante, o perlomeno in pieno controllo, sia raggiunto. Sarebbe stato iniquo, ma il calcio è una brutta bestia, e allora un pezzo nemmeno ridotto delle vittoria va ascritto a due parate solenni di Silvestri, una su Caprari e l’altra su Quagliarel­la, che tolgono il pari e fanno tirare il fiato al Verona. Era stato, fin lì, l’Hellas di un collettivo maestoso, con Juric che propone Salcedo titolare – e Baby Eddie fa luccicare gli occhi, con le sue movenze sinuose, con l’estro, con il senso innato di imprevedib­ile che lascia addosso – e cementa una difesa che, con Rahmani, Kumbulla e Gunter, lascia passare sì e no gli spifferi.

L’accento finale lo piazza Veloso, stavolta su punizione, e il suo è un assist atipico, perché l’incornata che sorprende Audero è di un sampdorian­o, Murru: deviazione crudele, autogol. Ma è già festa, pochi minuti e, citando il Principe (né Francescol­i, né Giannini, né Milito, bensì De Gregori), è quasi giorno, è quasi casa, è quasi amore. In sette turni, il Verona ha raccolto 9 punti. Alzi la mano chi ci avrebbe scommesso un pfennig: «Non sanno come ci alleniamo», dice Veloso, per stuzzicare chi non pensava che potesse accadere. Lunga e ventosa è la via, ma il timone è saldo: se Juric, quando giocava, era detto il Pirata, ci sarà un perché.

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