Volantini contro il patriarca. Svolta nell’inchiesta
Il cerchio si stringe. «Siamo fiduciosi e ottimisti sull’operato della magistratura sull’identificazione di Fra.Tino», ha detto il Patriarcato parlando del «corvo» che nei mesi scorsi ha attaccato la Chiesa veneziana, all’indomani delle indiscrezioni (smentite dalla Curia) sul trasferimento del patriarca Francesco Moraglia e l’arrivo in Laguna del segretario di Stato Pietro Parolin.
Gli investigatori mantengono il riserbo sull’indagine ancora in corso, ma pare evidente che la svolta sia vicina. «Il malato va curato nel migliore dei modi, la Chiesa di Venezia è malata, ma nessuno se ne sta occupando». Per cinque volte ha attaccato oltre duecento volantini sui muri di calli e campielli con accuse sulla gestione economica e sulla vita sessuale di alcuni sacerdoti. Fra.tino (così si è sempre firmato) ha deciso di parlare e ha contattato il Corriere del Veneto, chiedendo l’anonimato. «Voglio spiegare i motivi che ci hanno spinto a comportarci così». Usa il plurale, come se lui fosse solo uno dei tanti «corvi». «Nella situazione attuale veneziana non c’è solo un corvo, si sono ormai riprodotti, ce ne sono dieci o venti, tanto è alto lo scontento. Fossi individuato, ci sarebbe qualche altro che continuerebbe a pungolare la Curia e il patriarca». Che hanno subito reagito: «Le offese hanno fatto soffrire e ferito profondamente la nostra Chiesa e tutti coloro che veramente la amano e con generosità, si spendono per il Vangelo», è intervenuto in difesa il patriarca Francesco Moraglia accusato di tollerare i comportamenti dei suoi preti. Le denunce alle forze dell’ordine sono state immediate, tanti sono stati i manifesti appesi. La procura ha aperto un fascicolo, gli investigatori stanno indagando da mesi incrociando le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza. Perché la bufera, che lo stesso vescovo definisce «momento di grande sofferenza e prova», ha cominciato ad essere sempre più devastante. Qualcuno collega le indiscrezioni sull’arrivo di Parolin a Venezia proprio a questo, qualche altro parla invece di «promozione» del cardinale che vorrebbe
L’accusa Uno, 10, 20 non sono l’unico. Pronto a dimostrare nelle sedi ecclesiali opportune quanto viene scritto
«Un vescovo deve far crescere la fede coinvolgendo tutti i sacerdoti, se il presbitero non è visto come un suddito. Dovrebbe operare con amore e pazienza nei confronti di quei preti in difficoltà, ma anche prendere delle decisioni collegialmente in un territorio così diverso e complesso com’è la Diocesi di Venezia», l’attacco a Moraglia. «C’è sempre spazio per ravvedersi e modificare i comportamenti che se restano fuori controllo possono dare anche scandalo. Rivendichiamo con forza l’insegnamento del Vangelo con le parole e con l’esempio», l’invito ai preti. Nei mesi scorsi una quarantina di sacerdoti hanno sottoscritto una lettera in difesa del patriarca e degli amici nel mirino definendo i manifesti «un vile atto di diffamazione», «ma non si vuole diffamare nessuno, sono stati lanciati solo degli avvertimenti», reagisce il corvo. «La diffamazione fa male a tutti, a chi la fa e chi la subisce».
Le denunce di Moraglia alle forze dell’ordine hanno fatto il resto. «Ma io ho le prove, sono pronto a recarmi nelle sedi ecclesiali deputate a dimostrare quanto viene scritto, anche con testimoni». Perché non lo ha ancora fatto? Risponde: «Ho provato con varie persone, anche preti, ma si sono tutti dichiarati impotenti a seguire i nostri ragionamenti perché non si sentivano “coperti”». Si definisce «una persona che cerca di richiamare quello che è l’insegnamento del Papa su una Chiesa più umile e semplice». «Voglio fare da cassa di risonanza, se si vuole in modo sbagliato, ma penso che questo partecipi al rinnovamento di tutta la Chiesa veneziana».
La difesa Le offese hanno fatto soffrire e ferito tutti coloro che amano e servono con generosità la nostra Chiesa