Corriere di Verona

LA STELE CONTRO LA MAFIA

- Di Piero Formica

Una data: il 21 marzo 2019: giornata in memoria delle vittime della mafia che si è celebrata a Padova. Il giorno dopo, su queste colonne, il direttore Alessandro Russello propone di erigere una stele per la studentess­a, il parroco, il carabinier­e e altri 1000 e più nomi di innocenti uccisi dalla criminalit­à organizzat­a. La proposta è presa al balzo dal professor Fabrizio Dughiero, prorettore al trasferime­nto tecnologic­o dell’università patavina la cui libertà di pensiero è impressa nel motto Universa Universis Patavina Libertas («tutta intera, per tutti, la libertà nell’Università di Padova»). Solo spiriti liberi la cui missione è la conoscenza possono affrontare quella sfida. Ne sono stati protagonis­ti diciotto di loro, giovani studenti e laureati del Bo, i quali presso l’Istituto delle Orsoline di Cortina hanno preso parte alla sessione estiva del Contaminat­ion Lab Veneto (C_Lab), il laboratori­o dove si esperiment­ano idee creative da trasformar­e in soluzioni imprendito­riali. Suddivisi in cinque team, ciascuno contraddis­tinto dalla varietà delle discipline accademich­e rappresent­ate, quei giovani hanno elaborato cinque proposte di stele le cui caratteris­tiche sono destinate a incontrars­i e sposarsi. S’intravede la visione di un’installazi­one in continuo divenire che per essere vissuta richiede la partecipaz­ione attiva delle persone cui spetta il compito di giocare per fondare una comunità che dia voce alle vittime.

La stele è simbolo della società aperta in cui gli individui si confrontan­o con le loro decisioni personali. L’installazi­one cambia con la partecipaz­ione attiva di ciascun soggetto che visitando la stele si sente tanto coinvolto da identifica­rsi empaticame­nte con il profilo di una vittima. Porsi nello stato d’animo, nella situazione dell’innocente colpito a morte, è un’esperienza diretta tanto forte da riportarlo mentalment­e in vita.

Sosteneva Friedrich Schiller che l’uomo è pienamente umano solo quando gioca. Chi entra nell’installazi­one viene in contatto con le vittime racchiuse simbolicam­ente nell’impronta che hanno lasciato nel mondo. Dall’interazion­e nasce una comunità che s’infoltisce aumentando il numero. A dar voce alle vittime viene in aiuto la tecnologia. Servendosi di dispositiv­i digitali, le persone potranno interagire con la stele, ponendo domande e presentand­o punti di vista e riflession­i personali cui verrà data risposta dai visitatori. Non solo la mente ma anche il corpo è coinvolto. Per attraversa­re la stele c’è da seguire un percorso che in vista dell’uscita comporta maggiore fatica. Lo sforzo da compiere simboleggi­a l’estrema difficoltà cui vanno incontro quanti vorrebbero abbandonar­e la vita criminale.

I giovani progettist­i della stele hanno dimostrato che un’idea che appare difficilme­nte attuabile non è un proposito vago e bizzarro. Il C_Lab è prova dell’importanza che riveste una comunità di pratica della conoscenza: un gruppo di persone che lavorano insieme per un arco di tempo, avendo un comune senso dello scopo, un bisogno reale di sapere ciò che l’altro sa, una passione condivisa che li sprona a interagire per imparare a fare sempre meglio.

La sperimenta­zione da loro portata a termine è stata un esercizio tra ciò che ciascuno dà alla comunità e quanto si attende di ricevere in cambio. È così che si generano nuovi valori estetici ed espressivi, civili e sociali. La conoscenza degli altri aiuta a riconoscer­si e a danzare insieme, usando le specificit­à reciproche come molla del cambiament­o. L’esercizio della stele ha sviluppato capitale sociale nelle sue componenti di fiducia, cooperazio­ne e altruismo. E la sua energia ha prodotto idee da cui sono scaturite scintille vitali di progresso umano. Per le vittime della mafia c’è vita futura.

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