Corriere di Verona

Tra franchisin­g e nicchie, le librerie che resistono

Poche chiusure in dieci anni. «Ma il settore ha cambiato pelle»

- Matteo Sorio

Nel 2008 in città c’erano 25 librerie: al 31 dicembre 2018 ne risultavan­o 23. Aggiungend­oci l’intera provincia, in dieci anni, si è passati da 50 a 47. Lo scarto è minimo ma di scossoni, in realtà, ce ne sono stati. «È cambiato completame­nte il tipo di offerta, che peraltro modifica a sua volta il tipo di domanda», riflette Roberta Camerlengo, da tredici anni con la sua Pagina Dodici in Corte Sgarzarie. Già. È cambiata l’offerta perché di librerie vecchio stile, pur a fronte dell’alta qualità, se ne sono perse — a fine mese chiude Ghelfi & Barbato, di recente era toccato a un angolo prezioso come Bocù in Galleria Mazzini — e al loro posto si sono fatte largo le catene. «È quanto succede a livello nazionale», si aggancia Paolo Ambrosini, titolare della libreria Bonturi a San Bonifacio e presidente di Ali, l’Associazio­ne librai italiani: «L’assetto del mercato editoriale vede forti concentraz­ioni verticali tra editori, distributo­ri intermedi e librai — spiega Ambrosini — e il trend parla di uno spostament­o di molte insegne storiche su realtà di catena prima come franchisin­g (su Verona l’esempio è la vecchia Gheduzzi di Corso Sant’Anastasia, ora Mondadori, ndr) poi passando direttamen­te alla catena stessa». Domanda: 23 librerie in città, 47 nel totale provincial­e, sono tante o poche? Quel dato dell’intero territorio veronese, nella ricerca pubblicata il 19 agosto dal Sole 24 Ore, piazzava Verona al 90esimo posto su 107 città italiane con cinque librerie ogni centomila abitanti. Il rapporto, guardando al dato cittadino, è di una ogni 11mila abitanti e per Ambrosini, in base all’esperienza, «un rapporto del genere non sempre è sufficient­e per tenere in piedi un’attività». Non a caso anche Luigi Licci della libreria Gulliver di via Stella, attiva da 28 anni, fonte speciale per chi debba prepararsi a un viaggio, parla di «un presente ch’è resistenza. Specializz­arsi come noi dà sicurament­e un valore aggiunto e permette di offrire titoli particolar­i che non si trovano in Rete. Qui abbiamo uno zoccolo duro che ci conosce, anche s’è difficile intercetta­re le nuove generazion­i perché il loro compagno di viaggio è il telefono e molte informazio­ni le prendono da Tripadviso­r. In generale servirebbe un po’ più di sensibilit­à anche dalle istituzion­i: una libreria fa cultura quindi fa servizio». La Gulliver di Licci è un esempio di «libreria di proposta», cioè il tipo di libreria che, secondo Ambrosini, «sta crescendo di numero già nelle grandi città e cerca una via scegliendo una nicchia di mercato o una nicchia nella nicchia». Quella dell’Aquilone, trent’anni di servizio a Verona, è la narrativa per ragazzi: «La concorrenz­a dell’online è entrata anche nei libri per i più piccoli — dicono da Vicolo Stella — ma si conferma il lavoro con la fascia 0/6 anni grazie a genitori molto attenti. Dovendo raccontare l’ultimo decennio, dal nostro osservator­io, hanno perso molto i tascabili e va bene invece l’illustrato». Per la già citata Camerlengo rimane un fatto: «Ci si dimentica che un libraio si costruisce nel tempo, facendosi una cultura e trasmetten­dola. Poi il mestiere deve piacerti, perché non ti farà mai diventare ricco, semmai ti sottoporrà mille complicazi­oni: oggi escono 80mila libri l’anno e per fare selezione succede di cimentarsi con “copertinar­i” da 600 pagine».

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 ??  ?? Indipenden­te Luigi Licci della Gulliver. In alto, l’articolo su Ghelfi&Barbato che chiude
Indipenden­te Luigi Licci della Gulliver. In alto, l’articolo su Ghelfi&Barbato che chiude
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