TRA 50 ANNI CENTENARI TRIPLICATI
Èstato detto molto argutamente che il futuro è interessante perché passeremo lì il resto della vita. Ciò è tanto più vero per le previsioni demografiche, cioè su quanti e come saremo nei prossimi anni. Ed è quello che ha fatto l’Istat, cimentandosi in previsioni che allargassero lo sguardo fino al lontano, lontanissimo 2065. Una data talmente sperduta nel futuro da apparire quasi fantascientifica, ma comunque in grado di fornire qualche sguardo sulla popolazione che verrà.
Stiamo al Veneto. Per prima cosa tra mezzo secolo saremo un po’ più numerosi, per cui la popolazione sfonderà i 5 milioni e avremo circa 300 mila abitanti in più. Ma dove il mutamento sarà esplosivo non è nella quantità ma nella composizione della popolazione. Due soli dati sono esplicativi al riguardo: i centenari, che oggi in Veneto sono circa 1.200, tra cinquant’anni saranno più che triplicati. Se crescono i centenari, è ovvio che segue anche la massa della popolazione anziana: infatti gli ultrasessantacinquenni (a cui comunque è sempre più anacronistico affibbiare l’epiteto di anziani) diverranno addirittura un terzo della popolazione veneta mentre gli ultraottantacinquenni arriveranno a esserne un decimo. Anche se il vento della longevità continuerà a soffiare – come si spera, piacevole ma non scontata tendenza – dopo la metà del secolo il numero degli anziani calerà naturalmente.
Infatti concluderanno la loro pur longeva vita le numerose generazioni nate negli anni cinquanta e sessanta, i nati nel periodo del cosiddetto baby boom. Qualcosa potrebbe muoversi sul fronte delle nascite, se – come prevede l’Istat – il numero di figli per donna passasse da 1,3 a 1,6, un numero comunque del tutto insufficiente per rilanciare la macchina della demografia regionale, da decenni col freno a mano tirato. Infatti la popolazione giovane – quella da zero a 14 anni - arriverà ad essere solo il 12% della popolazione veneta, una percentuale che sarà di un terzo rispetto a quella degli ultrasessantacinquenni.
Lo squilibrio generazionale è evidente nell’indice di vecchiaia: se oggi ogni cento giovani ci sono 168 anziani, domani, dopo la metà di questo secolo, il rapporto sarà di cento a 284. Cioè quasi tre anziani per un giovane. Certamente la longevità è una conquista meravigliosa, ma una società non vive di sola longevità: vive soprattutto di nascite, un regalo di futuro che va pensato non solo come bene privato (della coppia) ma come bene collettivo. Con tutti i riconoscimenti che merita.