Inglese e voto alto Giusto bagaglio per fare l’avvocato
Nordio: magistratura, molta selezione
Primo requisito: il voto di laurea. Che deve essere abbastanza alto per distinguersi, anche se non è richiesta, per forza la lode. I più si «accontentano» di un 105. Secondo requisito: la lingua inglese. Che nelle facoltà (ora dipartimenti) di giurisprudenza non è ancora insegnata capillarmente. Certo, c’è il corso di inglese giuridico, ma non è detto sia sufficiente: occorre avere una parlata fluente, oltre che saperlo leggere (e usarlo negli atti). Poi vengono quello soft skills che non guastano mai: la capacità di lavorare in gruppo, un certo grado di adattabilità a compiti più diversi. Ecco il «mini-decalogo» dei grandi studi associati per individuare il candidato ideale. Una volta era lo sbocco tradizionale per gli studenti di legge, ora rischia di essere una strada sempre meno battuta. Il motivo? Difficoltà a «farsi largo» tra le maglie di una professione, quella di avvocato dove la concorrenza è sempre molto alta e che prevede una dura gavetta, senza uno stipendio minimo riconosciuto. Ma non è detto che essere sottopagato sia il destino naturale del praticante. Non, almeno, se si finisce nello studio giusto. Il tema è stato al centro del Legal Day, da anni «costola» all’interno di Univerò, dedicata alle professioni forensi. A parlarne, con gli studenti degli ultimi anni, alcuni dei maggiori studi associati italiani (tra questi Arata e Associati; Gianni, Origoni, Grippo; Cappelli & Partners; Nctm; Rödl & Partner e White&Case). Per molti veronesi, le «mecche post-laurea» sono ancora Padova o Milano. «Spesso la scelta di trasferirsi viene premiata – spiega l’avvocato Ivan Lamponi, di Nctm – ma chi vuole diventare avvocato deve anche saper cercare lo studio dove può dare al meglio. I requisiti per la selezione non sono moltissimi, ma è apprezzato un alto grado di internazionalizzazione». Nel corso della tavola rotonda, introdotta dal direttore scientifico di Univerò Tommaso dalla Massara, è intervenuto anche un ex studente, Vittorio D’Orsi che, fresco di laurea, ha deciso di puntare proprio su uno studio associato. «Una scelta di cui vado orgoglioso – ha spiegato – soprattutto perché mi dà l’opportunità di avere ampie responsabilità professionali». Gli stipendi? I migliori studi arrivano a pagare, prima dell’esame di Stato, fino a ventimila euro l’anno.Ma quella dell’avvocato non è l’unica carriera «tradizionale» che uno studente di legge può seguire. L’altra figura classica è quella del magistrato: a farsene ambasciatore, Carlo Nordio, già pm a Venezia. «Non è facile – ha ammonito – occorre essere motivati: il concorso è ancora molto selettivo. Ma è una professione che sa dare soddisfazioni e, cosa non secondaria, ben retribuita». In un mondo che chiede sempre più competenze tecniche, Nordio, introdotto dal consigliere dell’ordine degli avvocati scaligero Giuseppe Perini, ha parlato dell’importanza dell’umanesimo nello studio del diritto. «Buon senso e umiltà sono doti fondamentali: non si apprendono all’università, ma soltanto attraverso la cultura generale e, in particolare, con lo studio dei classici».