Mamma si dà fuoco davanti al tribunale: è gravissima
Mestre, donna gravissima. La presidente Rossi: «La bimba era in procedura di adottabilità»
Sono le undici del mattino. Il viavai nel piazzale antistante il tribunale dei minori di Venezia è continuo. Avvocati che entrano ed escono dal palazzo per le udienze insieme ai loro clienti, residenti che passeggiano sotto la scalinata. Entra una donna. Chiede di acquisire dei fascicoli in segreteria e di poter incontrare il magistrato che ha seguito il caso dell’affidamento di sua figlia a una comunità.
Deve aspettare, ci vuole tempo, ma lei di pazienza non ne ha. Esce dal tribunale e torna quasi un’ora dopo. In una mano ha un cartello, lo pianta sull’aiuola all’ingresso. Nell’altra ha una tanica di benzina, se la getta addosso: «Mi do fuoco», dice. Chi è lì vicino grida aiuto, le guardie giurate cercano di fermarla ma lei aziona l’accendino e tempo pochi attimi si trasforma in una torcia umana. Si inginocchia, poi crolla a terra.
Gli addetti alla sicurezza non perdono tempo. Prendono gli estintori e spengono il fuoco. La donna, 49enne di origini marocchine, è priva di sensi, viene caricata in ambulanza e portata all’ospedale dell’Angelo, dal quale poi viene trasferita al Centro Grandi Ustionati di Padova, dove si trova tutt’ora ricoverata. Le sue condizioni sono gravissime.
Nell’attesa di sapere se si risveglierà, la polizia ha avviato un’indagine sulla vicenda, che risale a ieri mattina. Gli agenti della scientifica hanno sequestrato il cartello che la donna ha lasciato all’ingresso del palazzo di giustizia che ritraeva la figlia, di otto anni, e il papà della piccola. Sotto, una scritta: una sorta di pubblica denuncia nei confronti dell’uomo. «A. è il padre di mia figlia – si leggeva nel cartello -. È un tipo di padre che ha violentato l’infanzia della sua bambina e ha fatto il più possibile per allontanare la piccola in una comunità». Per comprendere l’origine di questo gesto estremo è necessario fare un salto indietro. I due si conoscono quando la donna comincia a lavorare come colf a casa di A. Nasce una relazione che non viene ufficializzata perché lui è sposato. Poi, la donna rimane incinta. L’uomo prende una casa per lei e per la piccola, a Mestre, e per anni consegna alla donna un
Rossi/1 Situazione seguita da tempo, anche dai servizi sociali, con interventi di supporto ai genitori
Rossi/2 Noi attivi anche per tutelare la figlia da una madre con disturbo di personalità di cui ha paura
assegno mensile. Conduce una doppia vita all’insaputa della sua famiglia. Gli equilibri cominciano a vacillare quando la 49enne chiede di più.
Non solo soldi, ma che lui riconosca la figlia. Lo perseguita, lo minaccia, tanto che lui la denuncia. «La situazione è seguita da tempo da questo tribunale e dai servizi sociali con vari interventi di supporto alla genitorialità e da ultimo per una verifica delle capacità dei genitori di dare alla figlia le cure di cui ha bisogno per la sua crescita
e per tutelare quest’ultima da una madre con disturbo di personalità, seguita da uno psichiatra e di cui la bambina ha paura», ha spiegato la presidente del tribunale dei minori di Venezia, Maria Teresa Rossi.
Vista la situazione, il giudice affida la bambina a una comunità. Il padre nel frattempo la riconosce, ma preferisce non tenerla con lui perché teme altre persecuzioni. La madre lotta per riaverla con sé ma secondo il giudice non ci sono le condizioni.
Di recente, parte la procedura di adottabilità della piccola. La madre non ci sta e ieri, come aveva già fatto altre volte prima, raggiunge il tribunale. «È venuta in cancelleria chiedendo di parlare con il giudice, ha chiesto copia degli atti e, senza attendere che le venisse consegnato quanto richiesto, è uscita dal palazzo e 50 minuti dopo è tornata e si è data fuoco», ha raccontato Rossi. I primi a intervenire sono stati i vigilanti, ma non sono riusciti a fermarla.