Pfas, ammesse le parti civili veronesi
Vicenza, Miteni sotto accusa. Il ministro: ora la verità
E’ iniziato ieri a Vicenza il processo a Miteni, e alle multinazionali «Mitsubishi Corporation Inc», giapponese, e «International Chemical Investors S.E.», lussemburghese, accusate di aver inquinato le acque delle province di Vicenza, Padova e Verona con i Pfas. Ci sono 226 parti civili ammesse dal giudice. D’Incà: «Vogliamo la verità».
Quando si aprono le porte dell’aula i visi dei legali sono più distesi e le «mamme no Pfas» sorridono. I 229 che ne hanno fatto richiesta sono stati autorizzati ad entrare nel processo e a chiedere i danni per il maxi inquinamento che ha interessato le falde delle provincie di Vicenza, Padova e Verona, ad eccezione di tre associazioni che si sono costituite dopo i fatti contestati. Responsabili civili, quindi obbligate a pagare i danni – così come da istanza dell’avvocato Fabio Pinelli che tutela gli interessi della Regione Veneto - due multinazionali, la giapponese Mitsubishi Corporation Inc e la lussemburghese International Chemical Investors S.E., attuale proprietaria di tutte le quote della holding che controlla la società, ma anche lo stesso fallimento Miteni, l’azienda di Trissino che avrebbe sversato le sostanze inquinanti. E proprio il fallimento Miteni, come mai accaduto prima in Italia, si trova nella doppia veste di responsabile civile e parte civile, chiamata a risarcire i danni provocati dai dipendenti ma anche a chiederne la refusione. Così ha deciso nell’udienza preliminare di ieri il giudice di Vicenza Roberto Venditti che con un’articolata ordinanza ha ammesso 226 parti civili nel procedimento contro 13 ex e attuali vertici dell’ex Miteni, in relazione all’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas).
Già nella prossima udienza del 23 marzo il giudice potrebbe decidere se mandarli a processo (davanti alla Corte d’Assise) per i reati di disastro ambientale innominato e avvelenamento di acque e sostanze alimentari. Tra le richieste di parte civile figurano 41 ex dipendenti della Miteni, la Regione Veneto, la Provincia di Vicenza, Comuni del Vicentino, del Padovano e del Veronese (ricordiamo l’elenco dei comuni scaligeri coinvolti: Pressana, Roveredo
di Guà, Zimella, Albaredo d’Adige, Arcole, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Legnago, Minerbe, Terrazzo, Veronella). Ci sono poi Ministero dell’ambiente e della salute con l’avvocatura dello Stato, Arpav, l’agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto che ha quantificato danni per oltre sette milioni di euro, per «l’ingente attività tecnico scientifica svolta in tutti questi anni» oltre poi al danno all’immagine. E ancora, parti civili ammesse sono ex lavoratori e sindacati, 95 appartenenti al coordinamento «mamme no Pfas» che si aspettano «che i responsabili paghino, nel senso di incriminazione»; associazioni ambientaliste come Legambiente Veneto che fa sapere «daremo battaglia nel nome del popolo inquinato», e le società di gestione del servizio idrico integrato Acquevenete, Viacqua, Acque Veronesi e Acque del Chiampo, che dal 2013 hanno investito circa cento milioni di euro per garantire la salute pubblica e l’ambiente, e il conto è assai lontano dal chiudersi.
«È un bellissimo risultato, che premia mesi di lavoro preparatorio insieme ai legali e alle parti coinvolte in questa terribile vicenda di inquinamento, la più grave accaduta in Italia insieme a Seveso - ha detto il governatore Luca ZaiaFin dal 2013 abbiamo voluto andare fino in fondo con la magistratura per far pagare a chi ha avvelenato il giusto risarcimento alle popolazioni». A commentare anche il ministro Federico D’Incà, del Movimento Cinque Stelle: «Sui Pfas chiediamo da sempre la verità ed è giusto che i cittadini siano a conoscenza dei reali danni di queste sostanze. La decisione del Gup è un segnale importante».