«Anche a Verona negozi soffocati da fisco e burocrazia»
(d.o) In un anno è sparito oltre il 20% dei negozi di elettronica, quasi il 15% delle cartolerie e delle edicole, il 16% delle profumerie ed erboristerie. I dati di Confcommercio sono quelli relativi a Verona, cioè una zona relativamente privilegiata, rispetto a molti altri centri della provincia che hanno visto una progressiva chiusura dei negozi. Tra le attività colpite dalla crisi anche le parafarmacie (diminuite del 8,3%), i negozi di articoli sportivi (-7%), i fruttivendoli (4,6%) e i negozi di abbigliamento in generale (-3,8%)Certo, ci sono anche le realtà in controtendenza: crescono a doppia cifra i negozi specializzate in attrezzatura per ufficio (+14,3%) ma sono vivi e vegeti anche i negozi di telefonia (+6,3%), il commercio al dettaglio delle bevande (tipicamente le enoteche: fanno +8,3% rispetto all’anno scorso) così come i panifici (molto spesso con annessa pasticceria e pizze al taglio): +7%. Ma la cosa più curiosa è il boom, tutto locale, dei negozi di seconda mano: se ne contano 30, esclusivamente dedicati a questa forma di commercio, e sono cresciuti dell’8% solo nell’ultimo anni. Per quanto riguarda le chiusure, i commercianti veronesi preferiscono non chiamare in causa Amazon. «Certo, sappiamo benissimo – afferma il presidente Paolo Arena, che ha presentato i dati assieme al vicepresidente Paolo Tosi e al direttore Nicola Dal Dosso– che i giganti del web pagheranno sempre pochi milioni di tasse, contro i miliardi che lo Stato riceve dal nostro comparto. Ma il problema di sopravvivenza delle nostre imprese dipende proprio dalla burocrazia e dal fisco. In un Paese normale, il terziario sarebbe considerato un volano di crescita. Da noi si preferisce prendere e basta». Arena lancia un allarme: «Ci stanno spegnendo – avverte –. Solo il nuovo registratore di cassa telematico è costato dai 300 ai 700 euro, le tasse arrivano a superare il 60% di quanto si guadagna. In molti si stanno arrabbiando».