Abusi sulla cognata: annullata la condanna a 9 anni
Per le «cose sporche» di cui lo scorso marzo il Tribunale collegiale di Verona lo decretò colpevole, in primo grado gli venne inflitta una condanna a 9 anni di reclusione. Le accuse erano gravi: aver abusato sessualmente della sorella minorenne della propria moglie per otto anni di fila, dal 2002 al 2010. Secondo i magistrati scaligeri, «la coerenza delle dichiarazioni della parte offesa, l’assenza di intenti calunniatori o denigratori nei confronti dell’imputato (il 60enne di origini vicentine C.V., ndr) possono anche da sole costituire piena prova dei fatti». Così venne motivata meno di un anno fa la pesante sentenza di condanna al presunto cognato «orco»: un verdetto che ieri pomeriggio, in Appello a Venezia, è stato annullato in toto. Azzerati quindi in secondo grado i 9 anni di carcere inflitti a Verona nei confronti del 60enne, il cui difensore Marcello Manzato si è visto accogliere nella loro interezza le eccezioni preliminari sollevate nella propria arringa. Nel suo intervento in aula, il legale veronese ha richiamato l’attenzione dei giudici dell’Appello su «una serie di vizi formali che - secondo l’avvocato Manzato - rendevano nulla la sentenza pronunciata in primo grado nei confronti del mio assistito». Poche ore in camera di consiglio dopodiché, nel pomeriggio di ieri, la Corte ha accolto le istanze difensive «cassando» la condanna del 2019. E ora? Gli atti torneranno a Verona per una nuova udienza preliminare e un altro processo di primo grado: tutto da rifare, dunque. Il problema è che sulla vicenda incombe pesante come un macigno il rischio della prescrizione. Il che, di fatto, rischia di vanificare le indagini e l’iter processuale effettuati finora su un caso tanto delicato: quello di una minorenne che stando alla denuncia - sarebbe stata violata nella sua innocenza dal cognato da quando aveva 10 anni fino alla maggiore età. Abusi che, se fossero veri, con la prescrizione potrebbero restare impuniti.