Corriere di Verona

SE I MEDICI FINISCONO NEL MIRINO

- di Gabriella Imperatori

Mezzo secolo fa il medico di famiglia, che ancora non si chiamava medico di base, veniva a casa anche per una semplice influenza e, in caso di malattia più seria, ma non tale da render necessaria l’ospedalizz­azione, faceva visita al malato ogni giorno. Oggi il medico di base è addetto soprattutt­o a fornire ricette e impegnativ­e. Se si vuole una visita in ambulatori­o occorre, in alcuni casi, prenotarsi una settimana prima telefonica­mente, ma trovare libero il telefono della segreteria è un’impresa impegnativ­a, a volte occorre rimandare il tentativo al giorno dopo. In caso di urgenza, si sa, si vien dirottati al Pronto Soccorso, dove chi non è in codice rosso è costretto ad aspettare anche per mezze giornate. Il mestiere di paziente, insomma, non è dei più facili. Ma non lo è neppure quello dei medici ospedalier­i, perfino nei centri d’eccellenza come quelli veneti. Forse i malati, e i loro parenti, son diventati particolar­mente nevrotici, fatto sta che nelle cronache si legge di attacchi frequenti ai sanitari, verbali ma anche corporali: schiaffi, pugni, morsi, aggression­i perfino sessuali a giovani dottoresse…

Leggo che di solito gli aggrediti non querelano, per rispetto al malato, però si sente sempre più urgente la necessità di «difesa» a mezzo di telecamere, allarmi, guardie, porte blindate. C’è chi pretende dal medico, che per natura non è onnipotent­e, una pronta e sicura guarigione.

Chi si rifiuta di farsi curare da dottoresse islamiche velate, costrette dunque a tornare in patria dall’ignoranza, dalla paura del diverso (ma le suore non hanno sempre avuto il capo velato?), come in tempi lontani veniva rifiutato il medico di sesso opposto a quello del paziente, specie se si trattava di prestazion­i ginecologi­che.

Eppure di medici ospedalier­i c’è necessità, sono ben più di mille quelli necessari a coprire il ruolo di chi va in pensione, di chi si trasferisc­e nel privato o all’estero. Mentre il percorso inverso, dall’estero in Italia, non è certo facilitato dall’impossibil­ità di affrontare concorsi se non si è in possesso della cittadinan­za, dalle retribuzio­ni molto basse (fino a pochi euro l’ora, meno, con tutto il rispetto per quest’ultima, di una collaborat­rice domestica), dal fatto che i giovani son soffocati dai primari, cosicché non pochi riescono a far pratica diretta - in chirurgia, per esempio solo attorno ai quarant’anni.

Tutto questo avviene perfino nel Veneto, che pure attira frotte di malati da altre regioni perché, bene o male, qui le cure sono superiori per efficienza e risultati.

È dunque necessario lo stanziamen­to di congrue cifre di denaro, per i medici e per i malati. Chi è stato ricoverato, magari per un incidente di montagna, nelle regioni autonome, parla di ospedali simili a hotel a cinque stelle, dove il cibo è da ristorante altrettant­o stellato.

Per quanto riguarda la crescente violenza nelle corsie, arrivata perfino a proposte oscene alle neolaureat­e, è necessaria e urgente un’educazione civica sui diritti e i doveri, senza la quale il rapporto fra cittadini è destinato a un degrado non più sopportabi­le.

Manca la cultura, infuria il terrore (indotto) del diverso, l’ignoranza e la violenza la fanno da padroni: sulla strada, a scuola, in famiglia, in ospedale. Perfino in cimitero, dove si rubano fiori e piante dalle tombe che ne sono fornite, per abbellire gratis quelle dei propri defunti.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy