SE I MEDICI FINISCONO NEL MIRINO
Mezzo secolo fa il medico di famiglia, che ancora non si chiamava medico di base, veniva a casa anche per una semplice influenza e, in caso di malattia più seria, ma non tale da render necessaria l’ospedalizzazione, faceva visita al malato ogni giorno. Oggi il medico di base è addetto soprattutto a fornire ricette e impegnative. Se si vuole una visita in ambulatorio occorre, in alcuni casi, prenotarsi una settimana prima telefonicamente, ma trovare libero il telefono della segreteria è un’impresa impegnativa, a volte occorre rimandare il tentativo al giorno dopo. In caso di urgenza, si sa, si vien dirottati al Pronto Soccorso, dove chi non è in codice rosso è costretto ad aspettare anche per mezze giornate. Il mestiere di paziente, insomma, non è dei più facili. Ma non lo è neppure quello dei medici ospedalieri, perfino nei centri d’eccellenza come quelli veneti. Forse i malati, e i loro parenti, son diventati particolarmente nevrotici, fatto sta che nelle cronache si legge di attacchi frequenti ai sanitari, verbali ma anche corporali: schiaffi, pugni, morsi, aggressioni perfino sessuali a giovani dottoresse…
Leggo che di solito gli aggrediti non querelano, per rispetto al malato, però si sente sempre più urgente la necessità di «difesa» a mezzo di telecamere, allarmi, guardie, porte blindate. C’è chi pretende dal medico, che per natura non è onnipotente, una pronta e sicura guarigione.
Chi si rifiuta di farsi curare da dottoresse islamiche velate, costrette dunque a tornare in patria dall’ignoranza, dalla paura del diverso (ma le suore non hanno sempre avuto il capo velato?), come in tempi lontani veniva rifiutato il medico di sesso opposto a quello del paziente, specie se si trattava di prestazioni ginecologiche.
Eppure di medici ospedalieri c’è necessità, sono ben più di mille quelli necessari a coprire il ruolo di chi va in pensione, di chi si trasferisce nel privato o all’estero. Mentre il percorso inverso, dall’estero in Italia, non è certo facilitato dall’impossibilità di affrontare concorsi se non si è in possesso della cittadinanza, dalle retribuzioni molto basse (fino a pochi euro l’ora, meno, con tutto il rispetto per quest’ultima, di una collaboratrice domestica), dal fatto che i giovani son soffocati dai primari, cosicché non pochi riescono a far pratica diretta - in chirurgia, per esempio solo attorno ai quarant’anni.
Tutto questo avviene perfino nel Veneto, che pure attira frotte di malati da altre regioni perché, bene o male, qui le cure sono superiori per efficienza e risultati.
È dunque necessario lo stanziamento di congrue cifre di denaro, per i medici e per i malati. Chi è stato ricoverato, magari per un incidente di montagna, nelle regioni autonome, parla di ospedali simili a hotel a cinque stelle, dove il cibo è da ristorante altrettanto stellato.
Per quanto riguarda la crescente violenza nelle corsie, arrivata perfino a proposte oscene alle neolaureate, è necessaria e urgente un’educazione civica sui diritti e i doveri, senza la quale il rapporto fra cittadini è destinato a un degrado non più sopportabile.
Manca la cultura, infuria il terrore (indotto) del diverso, l’ignoranza e la violenza la fanno da padroni: sulla strada, a scuola, in famiglia, in ospedale. Perfino in cimitero, dove si rubano fiori e piante dalle tombe che ne sono fornite, per abbellire gratis quelle dei propri defunti.