No vax in classe, l’ira dei presidi «Noi abbiamo sempre collaborato»
Una dirigente: siamo in pochi per controllare, fatto il possibile. Una mamma: condanna senza perché
«Ho mille bambini nelle due scuole che dirigo, 150 solo considerando quelli dell’infanzia e la segreteria, in questi anni così difficili, fa quello che può...». Bruna Codogno dirige, a Belluno, l’istituto comprensivo Tina Merlin. È una preside a scavalco, come quasi tutti i colleghi in provincia, di Belluno e non solo per la verità. «L’anno scorso avevo l’altra scuola a Follina; tutti qui ne abbiamo due», spiega. Sono, parola di Tom Tom, 47,9 chilometri, non proprio di autostrada. Codogno, però, non li evoca come scusa: «Sinceramente – dice non ho ricevuto comunicazione di essere indagata. Non so se sia normale, però una cosa la posso dire...». Prego: «Sicuramente mi sarà sfuggito qualcosa, ma che ci sia dolo nel mio, nei nostri comportamenti, è escluso. Non mi sarebbe costato nulla fare un decreto di sospensione della frequenza. La nostra è una scuola pubblica, quindi non è che se perdiamo alcuni alunni e la retta che pagano i genitori andiamo in difficoltà. Qui la retta non c’è...».
La preside ricorda il momento in cui è venuta alla luce l’inchiesta della procura di Belluno per l’ammissione di alunni non vaccinati nelle scuole dell’infanzia della provincia, procedimento che vede trenta dirigenti scolastici indagati per omissione di atti d’ufficio e cento genitori chiamati a rispondere di falsa dichiarazione: «I Nas sono venuti qui all’inizio dell’anno scolastico, parlo di ottobre 2018. Io, per altro, quel giorno non ero qui ma a Follina. Ci hanno chiesto le dichiarazioni e abbiamo collaborato, con totale trasparenza». Bruna Codogno sapeva di due bambini privi, in tutto o in parte, delle vaccinazioni rese obbligatorie dall’allora ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: «Sì, due casi. Entrambe le famiglie, per altro, erano aperte al dialogo. Mi scrissero per mail che avrebbero tenuto i figli a casa da scuola e mi fidai. Non feci i decreti di sospensione...».
La dirigente, ha ribadito all’inizio, non ha ricevuto notifica dell’indagine. Potrebbe essere indagata o esserlo stata ed esser già stata archiviata: «Vedremo che ci diranno...», sospira. Nella medesima condizione ci sono altri colleghi. Una dozzina di presidi del Bellunese sono uniti via Whatsapp, strumento che usano per discutere dei vari problemi e temi legati al lavoro. Il caso-vaccini animò, ovviamente, gli scambi in chat: «Ne avevamo discusso quando vennero i Nas, certo. Tutti abbiamo offerto la massima collaborazione...».
L’inchiesta, come detto, comprende anche un centinaio di posizioni di genitori per cui il procuratore Paolo Luca ha chiesto e ottenuto dal giudice altrettanti decreti penali di condanna, per le false dichiarazioni sui vaccini dei figli. Una parte minima, circa il dieci per cento del gruppo, ha fatto opposizione legale. É il caso di una mamma bellunese, assistita dagli avvocati Monica Barzon e Mauro Gasperin. La donna precisa subito di non essere in alcun modo «no vax», accetta di raccontare il caso che la riguarda e chiede di omettere il nome: «Ho quarant’anni, mio figlio è nato a marzo 2015». Il ventaglio di vaccinazioni imposto dal decreto Lorenzin arriva due anni dopo e la signora lo sottolinea: «Avevo solo deciso, anche dopo confronto con i medici e avendo avuto alcune
Una mamma colpita da decreto penale Non sono no vax. La domanda era: “Il bambino è stato sottoposto alle vaccinazioni obbligatorie?”. Lo stavo vaccinando e ho risposto di sì
malattie in famiglia, di attendere un po’ prima di vaccinare». In vista dell’ingresso all’asilo, però, la mamma avvia il percorso. Contestuale alla domanda d’iscrizione, c’è la richiesta di autocertificazione sui vaccini del bambino: «Le leggo la domanda. “Il bambino è stato sottoposto alle vaccinazioni obbligatorie?”, sì e no le risposte possibili. Ho risposto sì, intendendo con quello esprimere l’inizio di un percorso. Nessuna bugia: lo stavamo vaccinando. Devo dirle la verità, non ho neppure dato alla dichiarazione grande peso, non immaginavo certo i risvolti penali». Di punto in bianco, invece, arriva il decreto penale da 1.125 euro: «Nessuno mi ha mai cercato in tutto questo tempo. In Italia può succedere di tutto, anche che metti una crocetta e finisci a processo. Comunque io quel che contesta il decreto non ho mai inteso farlo, per cui, al di là della cifra, non pagare è questione di principio». Nota: il figlio della donna, nel frattempo, ha completato le vaccinazioni.
Ieri, in serata, le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Snals scuola hanno diffuso un nota sul caso: «Lo sconcerto è grande - scrivono i sindacati - e ancora una volta non possiamo che sottolineare l’incongruenza di una norma che utilizza un luogo educativo come è la scuola per controllare il rispetto delle regole della salute pubblica accollando a figure responsabili di servizi educativi funzioni regolative estranee al servizio scolastico».