Corriere di Verona

La zia malata, l’orto e i detective dell’azienda Gli ultimi sms di Simone «Io la faccio finita»

La famiglia: «Era da agosto che gli stavano addosso»

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La cuoca della mensa aziendale che gli ha servito l’ultimo pasto se lo ricorda con il sorriso e non vuole saperne altro. Poi ognuno si ammazza per motivi che sa solo lui e che a noi vivi sembrano sempre insufficie­nti; perciò non faremo finta di conoscerli se ora proviamo a ripercorre­re la strada fatta da Simone Sinigaglia, 40 anni, operaio alla IVG Colbachini di Cervarese Santa Croce, dopo che mercoledì, alle ore 14, ha smontato il suo turno di lavoro.

Alle 13.45, il direttore del personale, Dario Baessato, lo chiama e gli consegna la lettera di licenziame­nto. È da dicembre che gli stanno addosso - irregolari­tà nella fruizione dei benefici concessi dalla legge 104 a chi ha un famigliare infermo, tre ore alla settimana o un giorno e mezzo ogni 15, ma è da agosto che l’azienda si sta occupando di lui – eppure l’operaio Simone non era preoccupat­o, non più di tanto. «Tra dieci giorni mi sapranno dire», aveva detto a casa. Non se l’aspettava neanche il fratello Davide, di qualche anno più vecchio che da 30 anni lavora nel reparto accanto. «Potevano chiamarmi, potevano dargli una multa, fargli un richiamo, non si mette una pietra al collo ad un essere umano così per poi abbandonar­lo». Fatto sta che Simone prende la lettera dalle mani del suo superiore, la legge e non fa una piega, non dice niente, gira i tacchi e se ne va.

Dove? Girovaga in macchina, non sa dove andare probabilme­nte, insegue i labirinti della mente per finire là dove lo porta la consuetudi­ne, in riva al Fratta Gorzone, davanti all’acqua, dove ogni settimana gettava l’amo e, con la canna da pesca, passava le sue ore migliori con gli amici pescatori. Prima scrive un biglietto di scuse (o poi, chi lo sa?), quindi manda due messaggi

col telefonino, uno al fratello e l’altro a un suo amico di pesca: «Sono stato licenziato in tronco - scrive al primo - la faccio finita». Nel secondo è più preciso: «Mi trovo a pesca dove sai, porta i carabinier­i con te, io la faccio finita». Chi è arrivato l’ha fatto in fretta, più in fretta che poteva, ma non abbastanza: Simone se ne era già andato, il suo corpo penzolava dal ramo di un albero.Ieri mattina la IVG Colbachini era in lutto, la direzione del personale aveva messo in libertà tutti i dipendenti e i capi erano comprensib­ilmente sconvolti. Del resto hanno ricevuto i giornalist­i e non si sono nascosti dietro l’impersonal­ità di un’impresa con 380 dipendenti, in fondo hanno spiegato - non potevano immaginare, né si può ragionare con il senno del poi sulle conseguenz­e di un’azione legittima «tesa a tutelare gli interessi aziendali».

«Oggi è un giorno di lutto per tutti, non vorremmo dire altro». Quello che non vuol dire nessuno, neanche il sindacato, è se uno deve essere licenziato per irregolari­tà sulla fruizione della legge 104. Di che cosa si è macchiato l’operaio Simone Sinigaglia di tanto grave per essere cacciato su due piedi?

Simone ha avuto tre incontri con l’azienda, nell’ultimo gli hanno consegnato la lettera, nei precedenti ad assisterlo c’era il sindacalis­ta Sergio

Il fratello Davide

Io dico al signor Colbachini: si metta una mano sul cuore e si chieda se doveva finire così

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A sinistra Simone Sinigaglia, 40 anni e a destra la IVG Colbacchin­a
La vittima e la fabbrica A sinistra Simone Sinigaglia, 40 anni e a destra la IVG Colbacchin­a
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