Coronavirus, Ca’ Foscari ferma gli studenti in partenza per la Cina E intanto calano i turisti in città
Di ora in ora, si segue con il fiato sospeso l’evoluzione del coronavirus, la malattia simile alla Sars che si è diffusa dal mercato di Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei, in Cina. Sono una settantina gli studenti di Ca’ Foscari che a febbraio saranno coinvolti in programmi di scambio in Cina, e l’università, in stretto contatto con quelle di destinazione, sta chiedendo la possibilità di posticiparne la partenza di due settimane. Ca’ Foscari specifica poi di non avere accordi di scambio con la città focolaio del virus, Wuhan.
A Venezia, intanto, si cominciano a registrare le prime disdette di turisti cinesi si registrano dei cali. In Veneto continua la massima allerta: «Noi abbiamo già un team al lavoro – assicura il governatore Luca Zaia – ma la partita è ancora ignota. Il nostro sistema comunque è già allertato».
Dall’altra parte del mondo, proprio a Wuhan, c’è Petra Vidali, studentessa 23enne di Venezia centro storico, che rassicura amici e parenti in Italia con continui aggiornamenti via social. Dopo la triennale a Ca’ Foscari in lingue orientali, si è iscritta da settembre in un college della Huazhong University of Science and Technology per un master in International Trade.«La situazione non è tragica come la stanno dipingendo da fuori, sono appena uscita a cena da una mia amica, per festeggiare il Capodanno cinese – racconta al telefono, con voce calma –. Pur essendo in quarantena, le persone continuano a vivere normalmente, seguendo le direttive date dal governo e indossando le mascherine».
All’atmosfera da città fantasma che ha pervaso le vie di Wuhan contribuisce il fatto che la quarantena cada proprio durante i festeggiamenti del Capodanno cinese. «Equivale alle nostre vacanze natalizie, non ci sono lezioni all’università – continua –. Le persone sono a casa con le proprie famiglie, i negozi e i centri commerciali sono chiusi». Tutti i giorni Petra, prima di entrare in dormitorio, deve misurare la febbre. «In università ci hanno dato subito mascherine, sapone per le mani e termometro per monitorare la temperatura corporea: sappiamo che al primo sintomo bisogna andare in ospedale – dice –. Qui a Wuhan c’è un centro all’avanguardia per lo studio dei virus: hanno creato un test che a partire dal sangue, se cambia colore in mezz’ora, diagnostica la contrazione del virus». E, novità di ieri, a Wuhan il governo sta costruendo in tempo record (solo dieci giorni) un nuovo ospedale con 1000 posti letto.L’ambasciata italiana, poi, si mantiene in costante contatto con lei e tutti gli italiani a Wuhan. «Ho un volo a febbraio, prevedevo di rientrare in Italia in questo periodo di vacanza – conclude –. Non so se l’aeroporto verrà riaperto o se dovrò prendere l’aereo da un’altra città e, in ogni caso, se il biglietto sarà rimborsabile».