«Trump e i dazi Usa? L’Europa sta pagando la sudditanza tecnologica»
Moretti Polegato a Davos: «Greta? È una pioniera»
«Il presidente Trump si è presentato a Davos con questo discorso: due anni fa ero stato qui e vi avevo elencato una lista di promesse, adesso sono tornato per dirvi quello che ho realizzato. Effettivamente, di cose per l’economia, l’industria e l’occupazione americane ne ha fatte parecchie. E, alla fine, ci ha lanciato un segnale di ottimismo che mi ha colpito positivamente: noi italiani abbiamo bisogno di essere ottimisti». Mario Moretti Polegato, fondatore e presidente di un gruppo multinazionale come Geox, ha partecipato al World Economic Forum 2020 portando con sé lo sguardo dell’imprenditore del Nordest: una terra di manifattura che vive soprattutto di esportazioni e che, perciò, quando sente parlare di dazi, drizza le antenne con motivata preoccupazione.
Dopo Davos c’è motivo per essere ottimisti anche su questo fronte?
«Il punto centrale è questo: se Trump minaccia l’introduzione di nuovi dazi sulle esportazioni dei nostri prodotti agroalimentari – il Prosecco, il Parmigiano, gli altri formaggi – per ritorsione all’imposta extra sui giganti americani del web Google, Facebook e Amazon, cosa possiamo fare noi europei per evitare che questo gioco di ricatti vada avanti all’infinito? Dobbiamo recuperare un ritardo di vent’anni e renderci finalmente autonomi dall’egemonia Usa». In che modo?
«Creando le nostre piattaforme tecnologiche, il nostro Google e il nostro Facebook, altrimenti saremo sempre assoggettati agli Stati Uniti. Attenzione, questo non vale soltanto per le questioni economiche: ne va anche delle nostre libertà, rispetto alle interferenze che possono venire da oltreoceano. Dobbiamo stimolare la politica europea e le nostre associazioni perché lavorino in questa direzione».
La questione tecnologica è rilevante anche sotto un altro aspetto: tutto il commercio mondiale si sta trasferendo sempre di più dai luoghi fisici – negozi, supermercati, centri commerciali – ai canali di acquisto on line. L’e-commerce, per definizione, non conosce confini.
«Noi in Geox ce ne siamo accorti per tempo, essendo presenti in 110 Paesi del globo, e abbiamo giocato d’anticipo. Con investimenti notevoli, abbiamo creato le nostre piattaforme di e-commerce, per non dipendere totalmente dai vari Amazon o Zalando. Oggi ne abbiamo tre: una basata nel quartier generale di Montebelluna, un’altra negli Stati Uniti e una terza a Hong Kong
per il Far East. Il mercato è questo e Geox deve seguire il mercato. Ma si tranquillizzino quelli che pensano che vogliamo chiudere tutti i negozi fisici: la nostra è un’operazione non di arretramento ma di manutenzione del retail, chiuderemo un’ottantina di punti vendita sui 900 totali ma ne apriremo anche di nuovi, nei centri commerciali di maggior richiamo».
Tornando ai temi forti affrontati a Davos, che impressione le ha fatto ascoltare dal vivo Greta Thunberg?
«Greta è una pioniera e, come tutti i pionieri, merita il nostro apprezzamento. Pensare che possa cambiare il mondo da sola è ridicolo ma anche a Davos non era sola: con lei c’erano altri ragazzi che condividono il suo impegno per un cambiamento radicale verso la sostenibilità. Io penso che questi ragazzi siano da apprezzare, negli ultimi decenni sono stati provocati danni enormi all’umanità intera».
Il sistema industriale cosa può fare per contribuire a rimediare?
«Più delle leggi, servono un percorso e una visione imprenditoriale che ci portino a un impatto zero ben prima del 2050. In Geox stiamo dando il nostro contributo utilizzando materiali riciclati: le tomaie della linea di calzature Nebula sono interamente realizzate recuperando le bottiglie di plastica. I primi ad apprezzare sono i consumatori: essere sostenibili oggi è un obbligo per tutti».
L’e-commerce Il mercato va in quella direzione e noi siamo pronti ma Geox non chiuderà i suoi negozi