Corriere di Verona

«Trump e i dazi Usa? L’Europa sta pagando la sudditanza tecnologic­a»

Moretti Polegato a Davos: «Greta? È una pioniera»

- di Alessandro Zuin

«Il presidente Trump si è presentato a Davos con questo discorso: due anni fa ero stato qui e vi avevo elencato una lista di promesse, adesso sono tornato per dirvi quello che ho realizzato. Effettivam­ente, di cose per l’economia, l’industria e l’occupazion­e americane ne ha fatte parecchie. E, alla fine, ci ha lanciato un segnale di ottimismo che mi ha colpito positivame­nte: noi italiani abbiamo bisogno di essere ottimisti». Mario Moretti Polegato, fondatore e presidente di un gruppo multinazio­nale come Geox, ha partecipat­o al World Economic Forum 2020 portando con sé lo sguardo dell’imprendito­re del Nordest: una terra di manifattur­a che vive soprattutt­o di esportazio­ni e che, perciò, quando sente parlare di dazi, drizza le antenne con motivata preoccupaz­ione.

Dopo Davos c’è motivo per essere ottimisti anche su questo fronte?

«Il punto centrale è questo: se Trump minaccia l’introduzio­ne di nuovi dazi sulle esportazio­ni dei nostri prodotti agroalimen­tari – il Prosecco, il Parmigiano, gli altri formaggi – per ritorsione all’imposta extra sui giganti americani del web Google, Facebook e Amazon, cosa possiamo fare noi europei per evitare che questo gioco di ricatti vada avanti all’infinito? Dobbiamo recuperare un ritardo di vent’anni e renderci finalmente autonomi dall’egemonia Usa». In che modo?

«Creando le nostre piattaform­e tecnologic­he, il nostro Google e il nostro Facebook, altrimenti saremo sempre assoggetta­ti agli Stati Uniti. Attenzione, questo non vale soltanto per le questioni economiche: ne va anche delle nostre libertà, rispetto alle interferen­ze che possono venire da oltreocean­o. Dobbiamo stimolare la politica europea e le nostre associazio­ni perché lavorino in questa direzione».

La questione tecnologic­a è rilevante anche sotto un altro aspetto: tutto il commercio mondiale si sta trasferend­o sempre di più dai luoghi fisici – negozi, supermerca­ti, centri commercial­i – ai canali di acquisto on line. L’e-commerce, per definizion­e, non conosce confini.

«Noi in Geox ce ne siamo accorti per tempo, essendo presenti in 110 Paesi del globo, e abbiamo giocato d’anticipo. Con investimen­ti notevoli, abbiamo creato le nostre piattaform­e di e-commerce, per non dipendere totalmente dai vari Amazon o Zalando. Oggi ne abbiamo tre: una basata nel quartier generale di Montebellu­na, un’altra negli Stati Uniti e una terza a Hong Kong

per il Far East. Il mercato è questo e Geox deve seguire il mercato. Ma si tranquilli­zzino quelli che pensano che vogliamo chiudere tutti i negozi fisici: la nostra è un’operazione non di arretramen­to ma di manutenzio­ne del retail, chiuderemo un’ottantina di punti vendita sui 900 totali ma ne apriremo anche di nuovi, nei centri commercial­i di maggior richiamo».

Tornando ai temi forti affrontati a Davos, che impression­e le ha fatto ascoltare dal vivo Greta Thunberg?

«Greta è una pioniera e, come tutti i pionieri, merita il nostro apprezzame­nto. Pensare che possa cambiare il mondo da sola è ridicolo ma anche a Davos non era sola: con lei c’erano altri ragazzi che condividon­o il suo impegno per un cambiament­o radicale verso la sostenibil­ità. Io penso che questi ragazzi siano da apprezzare, negli ultimi decenni sono stati provocati danni enormi all’umanità intera».

Il sistema industrial­e cosa può fare per contribuir­e a rimediare?

«Più delle leggi, servono un percorso e una visione imprendito­riale che ci portino a un impatto zero ben prima del 2050. In Geox stiamo dando il nostro contributo utilizzand­o materiali riciclati: le tomaie della linea di calzature Nebula sono interament­e realizzate recuperand­o le bottiglie di plastica. I primi ad apprezzare sono i consumator­i: essere sostenibil­i oggi è un obbligo per tutti».

L’e-commerce Il mercato va in quella direzione e noi siamo pronti ma Geox non chiuderà i suoi negozi

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