Corriere di Verona

Zaia: «Abbiamo perso ma siamo cresciuti»

La Lega fa quadrato attorno al suo leader: «Ora anche Bonaccini spingerà per l’autonomia»

- Bonet

La Lega fa quadrato, Salvini non si tocca. Tra i dirigenti del Carroccio non una voce si leva per mettere in discussion­e «il Capitano» (mentre qualche riserva c’è su Borgonzoni) ed il governator­e Luca Zaia detta la linea: «In Emilia eravamo al lumicino, ora viaggiamo sopra il 30%».

La Lega fa quadrato attorno al suo «Capitano», che non ha sbagliato nulla (non il referendum su se stesso, non l’estrema politicizz­azione del voto, non le citofonate e «parlateci di Bibbiano») con l’unica eccezione - non esattament­e di poco conto - della candidata e subito passa al contrattac­co, incalzando il governo («Che a questo punto non cade più») sulle cose da fare. In primis l’autonomia.

«Salvini in discussion­e? Assolutame­nte no, perché se è vero che abbiamo perso, e non cerco scuse, è altrettant­o vero che il risultato politico raggiunto dalla Lega è inequivoca­bile - commenta il governator­e Luca Zaia -. In Emilia Romagna avevamo consensi al lumicino e ora, dopo un exploit pauroso, viaggiamo sopra il 30%. Abbiamo sempre saputo che l’Emilia era la madre di tutte le battaglie, si è confermata una roccaforte inespugnab­ile. Guardando i dati dell’affluenza direi che si è mobilitato tutto un popolo di sinistra che evidenteme­nte non votava più da alcuni anni». Nel Carroccio se un mea culpa si fa, è sul candidato, Lucia Borgonzoni, dimostrata­si troppo debole contro l’uscente dem Stefano Bonaccini. Quest’ultimo ha preso 155 mila voti più delle liste che lo sostenevan­o, la leghista appena 32 mila. Ma Zaia la difende comunque: «Il presidente uscente parte sempre in vantaggio rispetto agli sfidanti, perché è più conosciuto, porta con sé il bagaglio delle cose fatte... È normale».

A questo punto non resta che guardare avanti: «Con questi numeri, il governo non va più a casa, resta lì. E dunque a maggior ragione mi aspetto acceleri sui dossier rimasti bloccati finora, a cominciare dall’autonomia. Credo che anche Bonaccini spingerà in questa direzione, forte del risultato di domenica, visto che proprio l’Emilia Romagna è con il Veneto e la Lombardia una delle Regioni apripista, a cui ne stanno seguendo altre quindici (e Bonaccini difatti

Poi ci sono due dossier nelle mani del ministro delle Infrastrut­ture Paola De Micheli. Il primo riguarda la soluzione - si spera definitiva - relativa all’allontanam­ento delle Grandi Navi dal bacino di San Marco. Si deve scegliere tra due soluzioni: approdi diffusi a Marghera oppure un porto esterno alla laguna. Il secondo è invece relativo alla trasformaz­ione di Cav, la concession­aria del Passante controllat­a per metà dalla Regione e per metà da Anas, in quella che Zaia ha chiamato «Cav 2.0». Il progetto è pronto e doveva essere presentato dall’assessore De Berti a De Micheli qualche giorno fa. L’incontro saltò poche ore prima, per «improrogab­ili impegni del ministro». Si va a dopo l'Emilia, si disse.

E quel dopo è arrivato. ha già avvisato Roma: «Voglio l’autonomia e non farò sconti», ndr.). Non si torna indietro. Già questo esecutivo non gode del consenso popolare, ce lo dicono ogni giorno tutti i sondaggi, abbiano almeno la decenza di portare avanti questa riforma irrinuncia­bile, senza colore politico».

D’accordo Roberto Marcato, membro del direttorio che guida la Lega in Veneto: «Le sardine torneranno nell’acqua, e il Pd porrà una questione politica sull’esecutivo Conte. La domanda di fondo è: chi governa? Ora che è acclarato che la sinistra si è mangiata i

Cinque Stelle, ci si chiede come questo governo potrà dare visione strategica e risposte concrete. Tre temi: autonomia, sviluppo economico con difesa della manifattur­a e export, e stabilità finanziari­a». Anche per Marcato, nulla da addebitare a Salvini ed anzi, «che il Pd esulti per aver conservato la Regione che da 70 anni governa senza insidie la dice lunga sul sullo stato di salute della sinistra. Come dice Salvini oggi c’è da lavorare il doppio: il centrodest­ra guida 14 regioni, e a maggio Campania e Puglia con Veneto, Toscana, Liguria e Marche andranno al voto. A maggio, quando suonerà il de profundis del M5S, non si potrà evitare che il Paese torni ad essere democratic­o».

Chiude il presidente del consiglio regionale, Roberto Ciambetti: «Il parlamento e il governo non riflettono la realtà del Paese. È questo il risultato vero delle elezioni emiliane. Primo: rispetto al 2014 il Pd ha perso circa il 10 punti%, passando dal 44,5% al 34,5 %. La Lega è invece salita dal 19,4% o al 32,1% con un incremento di oltre 12 punti, confermand­o la sua crescita. Secondo: la fortissima polarizzaz­ione. I raggruppam­enti attorno a Bonaccini e Borgonzoni hanno raccolto circa il 95% dei consensi, il M5S è scomparso. Terzo: si conferma il trend degli ultimi anni, con il centrosini­stra che si afferma nei centri maggiori e la Lega maggiorita­ria tra le piccole e medie città e in provincia. Infine - chiude Ciambetti - il voto disgiunto: dovremo capire se qualcuno, nel centrodest­ra, ha trascurato la necessità di far convergere ogni voto sulla Borgonzoni». Gli alleati sono avvisati.

Zaia In Emilia Romagna la Lega aveva consensi al lumicino e ora, dopo un exploit pauroso, viaggiamo ben sopra il 30%

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Luca Zaia, presidente del Veneto (Lega)
Presidente Luca Zaia, presidente del Veneto (Lega)
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