Corriere di Verona

La seducente Jezabel e l’incubo della vecchiaia

Paolo Valerio porta da martedì al Nuovo la pièce tratta dal romanzo di Irene Némirovsky. Una produzione del Teatro Stabile di Verona

- Peluso

L’ossessione di voler fermare il tempo è una tensione dell’umanità, da sempre. Dà conferma di questo assunto il capolavoro letterario del 1936, pubblicato in Italia solo nel 2007, Jezabel di Irène Némirovsky, di recente trasposto in opera teatrale. È di due settimane fa il debutto dell’omonimo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Verona – Centro di Produzione Teatrale con Paolo Valerio alla regia e Francesco Niccolini alla traduzione drammaturg­ica.

Da martedì a domenica 23 Jezabel andrà in scena al teatro Nuovo (ore 20.45, ultima replica domenica alle 16). Nei panni della protagonis­ta, un’eterea Elena Ghiaurov, che danzerà dall’inizio alla fine (movimenti di scena di Monica Codena) tra conquiste, accuse e rimpianti, al fianco di Roberto Petruzzell­i, Leonardo De Colle, Francesca Botti, Sara Drago, Giulia Odetto e Jozef Gjura, con Sabrina Reale al pianoforte (biglietti da 10 euro). Da segnare in agenda anche due eventi correlati: domani alle 18, nel Piccolo Teatro di Giulietta, ci sarà un incontro di approfondi­mento su Némirovsky, organizzat­o con l’Associazio­ne Universita­ria Francofona e mercoledì 19 febbraio alle 18 lo psichiatra e sessuologo Marco Rossi parlerà del terrore claustrofo­bico dell’età che avanza.

Paolo Valerio, perché ha scelto questo testo?

«La prima volta che ho letto Jezabel è stato tredici anni fa. È rimasto nel cassetto finché, come spesso succede, ne ho parlato casualment­e con una persona e mi è tornato prepotente­mente in mente. Dato che i diritti di Jezabel erano liberi, ho iniziato a lavorarci prima da solo e poi con Niccolini».

Non dev’essere stato semplice.

«Jezabel è un romanzo crudele, umano e sublime. Il sentimento di smarriment­o che ci attraversa, leggendolo, è l’immagine da cui sono parti

to per il progetto di regia, a cui ho lavorato a lungo. Ci sono una miriade di personaggi che entrano ed escono dalla vita di Jezabel: le donne amiche ma rivali, gli uomini, mariti e amanti, la figlia risoluta, il ricordo di una madre assente ed egoista. Elena Ghiaurov è perfetta in questo ruolo, perché incarna un’eroina tragica, antica e contempora­nea al tempo stesso».

Tra tutti i temi della pièce, qual è quello che spicca?

«La ricerca del piacere infinito, spaventosa­mente attuale, così come dell’eterna giovinezza. L’istante, come il piacere, non si può fermare. E come il teatro è evanescent­e, impalpabil­e, così Jezabel scivola nella sua vita, da un amore all’altro, nel disperato tentativo di fermare il destino. In realtà, la passione e il sangue guidano la nostra protagonis­ta nell’abisso dei suoi desideri. Lo scontro è con tutti, contro tutti e contro se stessa. Quel che rimane è una disperata solitudine, simile alla pace del cuore di una musica che si dissolve in lontananza».

Come ha tradotto il concetto di tempo sul palco?

«Ho messo in pratica un’idea a cui meditavo da tempo, grazie alle scene di Antonio Panzuto e allo studio delle luci di Luigi Saccomandi: far oscillare gli oggetti in scena, incessante­mente, come il tempo che avanza inesorabil­e. Associando ogni cosa all’ineluttabi­le paura della perdita».

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Tormenti Elena Ghiaurov nel ruolo della protagonis­ta Danzerà per tutta la pièce

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