Corriere di Verona

Da impiegati ad operai per salvare il posto Sì con il referendum all’accordo in azienda

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(g.f.) Quattrocen­to e un votante su 549 aventi diritto. I sì sono stati 197, i no 190, con una differenza doppia rispetto alla somma di schede bianche e nulle. Per un soffio il referendum che si è svolto ieri alla Prima Sole Components di Oderzo, su un’ipotesi di accordo con l’azienda ha dato via libera al documento; ma la differenza fra i favorevoli e contrari è troppo esigua per non indurre i sindacati ad interrogar­si anche su questioni che superano l’oggetto del quesito stesso. Almeno, questa è la posizione della Fiom Cgil provincial­e di Treviso, presente nel sito produttivo con due Rsu sulle nove totali, il cui segretario generale, Enrico Botter, non esita a parlare schiettame­nte di «fabbrica spaccata a metà».

Una manifestaz­ione sindacale davanti alla Sole di Oderzo

Per comprender­e l’evento è bene fare un passo indietro. Prima Sole, controllat­a dall’omonimo gruppo di Frosinone, nella sede trevigiana produce componenti per il settore auto ed ha fatto registrare una riduzione recente di circa 150 addetti. Nei fatti, non soo stati rinnovati i contratti ai

«somministr­ati» e questo a causa, soprattutt­o, di una contrazion­e di mercato legata al comparto. A sommarsi al contesto negativo ci sarebbe però anche uno «sbilanciam­ento», nella base dei lavoratori, con un eccesso di addetti indiretti - amministra­tivi e personale dedicato ai controlli - rispetto agli operai in senso stretto. Circostanz­a che avrebbe indotto i vertici aziendali, il 6 febbraio, a presentare un piano di ristruttur­azione con 40 esuberi nel primo segmento.

Prospettiv­a però respinta nella trattativa, portando alla soluzione alternativ­a del passaggio di 25 «indiretti» alle linee di produzione, su base volontaria, a parità di stipendio e con un incentivo di due mensilità, oltre alla rotazione in altre aree della produzione di ulteriori 20 lavoratori. «Abbiamo aderito alla proposta di referendum avanzata dai colleghi della Fim-Cisl, i cui rappresent­anti interni sono in maggioranz­a – spiega Botter – ma probabilme­nte nessuno si aspettava che l’esito della consultazi­one giungesse così sul filo di lana. Naturalmen­te il documento è stato approvato ma il risultato dovrebbe indurci ad affrontare una discussion­e ampia che analizzi malesseri più diffusi di cui il tema affrontato dal referendum è solo parte marginale».

Forse sarebbe interessan­te comprender­e, data l’equivalenz­a numerica fra diretti e indiretti, se il voto possa aver rispettato la ripartizio­ne. Cioè se a votare contro siano stati soprattutt­o i secondi, pur sfidando il rischio, in caso di bocciatura, di aprire la strada alla procedura di riduzione del personale all’inizio prevista. «Può essere una lettura – prosegue Botter – ma credo che l’esito rifletta un malcontent­o generale, emerso in modo trasversal­e fra i reparti nell’assemblea. In altre occasioni abbiamo constatato come, nelle fabbriche, un referendum sia un canale di sfogo indipenden­temente dall’argomento e che, in casi come questo, può avere radici nella gestione e organizzaz­ione di fabbrica».

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