Strage sul bus, il pm: 12 anni all’autista
In autostrada 17 vittime, soprattutto studenti. L’accusa: «Colpo di sonno alla guida»
Rischia di dover scontare 12 anni di reclusione per essersi trovato - secondo la Procura - al volante del pullman ungherese divorato dalle fiamme in A4 la notte del 20 gennaio 2017 dopo aver sbandato ed essersi andato a schiantare contro il pilone del cavalcavia allo svincolo di Verona Est. A Budapest l’hanno ribattezzata «la strage di Verona»: diciassette vittime, per la maggior parte studenti che tornavano da una settimana bianca, e molti feriti anche gravi.
Rischia di dover scontare 12 anni di reclusione per essersi trovato - secondo la Procura - al volante del pullman ungherese divorato dalle fiamme in A4 la notte del 20 gennaio 2017 dopo aver sbandato ed essersi andato a schiantare contro il pilone del cavalcavia allo svincolo di Verona Est.
A Budapest l’hanno ribattezzata «la strage di Verona»: 17 vittime, per la maggior parte studenti che tornavano da una settimana bianca in Francia, e decine di feriti, anche gravi. Tra loro, ad aver riportato pesanti conseguenze da quello spaventoso incidente tanto da dover subire d’urgenza a Verona una delicata operazione chirurgica, figurava anche uno dei due autisti che si alternavano alla guida del bus andato a fuoco. Da allora, per il 54enne Jànos Varga, sono proseguite le cure e la riabilitazione ma anche le indagini della Procura scaligera. E ieri, tre anni e un mese dopo quella maledetta notte di sangue in autostrada, il pm Paolo Sachar nella sua requisitoria non ha concesso sconti a colui che - stando alla tesi accusatoria - stava guidando il bus al momento del tragico impatto contro il pilone in A4. Una richiesta di condanna a 12 anni di reclusione per omicidio stradale plurimo che - se la difesa non avesse optato per il rito abbreviato - sarebbe stata addirittura maggiorata di un terzo. E questo perché, secondo il pm, alla guida del bus ci sarebbe stato al momento dell’impatto proprio Varga, e non come sosterrebbe la difesa - il collega con cui si dava il cambio al volante e che ha perso anch’egli la vita nell’inferno in A4. Quella notte da incubo, Varga
per l’accusa avrebbe «perso il controllo del mezzo, per un colpo di sonno, deviando gradualmente la traiettoria di marcia verso destra». A quel punto, la parte anteriore della fiancata destra del pullman sarebbe entrata in contatto con il «sicurvia laterale» a lato della strada: il mezzo avrebbe proseguito la sua strada per una quindicina di metri «con la fiancata destra a ridosso del guardrail, che cedeva e si deformava verso l’esterno, fuoriuscendo poi con le ruote di destra». Diametralmente opposte rispetto a quelle accusatorie le tesi dei difensori di Varga, le cui arringhe termineranno alla prossima udienza prima delle attesissime decisioni del giudice Luciano Gorra, chiamato a pronunciarsi non solo sul rito abbreviato di Varga, ma anche sui 5 rinvii a giudizio chiesti dal pm per Alberto Brentegani, responsabile della tratta A4 Brescia-Padova; per Giovanni Luigi Da Rios, capo dell’Ufficio tecnico e autore del progetto per i lavori di sistemazione dello spartitraffico centrale e delle barriere di sicurezza (a tripla onda), risalente al 1992; oltre che per Michele De Giesi, Maria Pia Guli ed Enzo Samarelli, componenti della Commissione nominata dall’Anas (nel 1993) con il compito di collaudare i lavori di fornitura e posa in opera delle barriere stradali. Da stabilire anche gli eventuali risarcimenti alle parti civili: «Ma nessuna cifra - sospiravano ieri fuori dall’aula dopo essere appositamente arrivati a Verona dall’Ungheria -potrà sedare il dolore che ci lacera da quella notte di morte».