Crac Veneto Banca, a Treviso anche le 43 truffe piemontesi
Spostata l’inchiesta di Verbania, dove sono indagati i funzionari di filiale
Verbania non ha competenza territoriale per il processo Veneto Banca. A breve perciò approderanno a Treviso anche i 43 capi d’accusa per truffa aggravata in concorso che il pubblico ministero Sveva De Liguoro, della procura piemontese, contestava all’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli e agli altri 40 imputati tra dirigenti e funzionari di filiale. A deciderlo, ieri mattina, è stato il gup del tribunale di Verbania, Beatrice Alesci, che ha accolto le istanze dei legali della difesa, tra i quali l’avvocato Ermenegildo Costabile che assiste Consoli.
Secondo il giudice, la competenza territoriale per le accuse contestate è di Treviso, provincia dove aveva sede l’ex popolare di Montebelluna e dove si sarebbe consumato il presunto reato. Così come a Treviso era già tornata l’inchiesta per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, avviata inizialmente della procura di Roma. E parimenti sono arrivati gli atti dell’inchiesta per truffa di Potenza, su decisione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione, sollecitato da un’istanza dell’avvocato Costabile, che oggi commenta: «Ancora una volta ci hanno dato ragione. La decisione del giudice di Verbania boccia il lavoro della locale procura della Repubblica».
Ai 41 imputati, il pubblico ministero De Liguoro contestava di avere consapevolmente venduto azioni e obbligazioni «spazzatura» dell’istituto di credito a 43 clienti dell’Alto Piemonte. Da questa ipotesi d’accusa, i sostituti procuratori Massimo De Bortoli e Gabriella Cama, che coordinano le inchieste su Veneto Banca a Treviso, dovranno ripartire. E probabilmente lo faranno con la stessa impostazione che ha guidato l’inchiesta trevigiana per la truffa da 100 milioni di euro dell’ex Popolare. De Bortoli e Cama, infatti, hanno escluso le posizioni di direttori e impiegati di filiale, puntando ai vertici e al management. A conferma del fatto che per procure diverse ci sono diverse impostazioni: se a Potenza come a Verbania tra gli indagati c’erano anche dirigenti e funzionari, ad Ascoli è in corso un processo a quattro bancari accusati di avere venduto a prezzi iniqui azioni di Veneto Banca. E vi sono altre procure che, invece, hanno archiviato analoghe accuse.
«Queste pronunce in tema di competenza territoriale – interviene Costabile -, assumono un significato che va oltre il dato processuale e smentiscono l’impostazione della procura di Treviso sull’individuazione del momento in cui si è consumato il reato. Come per la competenza, anche per la consumazione non si possono spostare le coordinate spazio-temporali, cercando di modellare le ipotesi di reato contro gli schemi del diritto penale». Per la procura di Treviso, le truffe si sarebbero consumate nel momento in cui il prezzo delle azioni è crollato, mentre secondo la difesa il momento è quello in cui è stato realizzato il profitto.
«Avremo modo di dibattere su questi errori, che – conclude il legale di Consoli - riguardano appena le premesse giuridico-processuali di un’accusa nel merito, infondata». Su queste accuse, Consoli sarà sentito presto dai magistrati.